domenica 21 dicembre 2008

Il bonus famiglie scatta a febbraio

A febbraio 2009 le buste paga dei lavoratori e le pensioni di 8 milioni di famiglie saranno più pesanti. Anche se con effetto una tantum. Il piano anti-crisi varato per decreto dal Consiglio dei ministri, fissa all'inizio del prossimo anno il decollo del bonus (a gennaio le domande), che oscillerà tra i 200 e i 1.000 euro anche sulla base dei figli e degli anziani presenti nel nucleo e che potrà scattare (sotto forma di detrazione) fino a un reddito di 22mila euro. Un tetto che sale a 35mila euro per le famiglie con portatori di handicap. Sempre a partire da 2009 andrà a regime l'intervento per mitigare le tariffe.Ma tra i quasi 40 articoli di cui è composto il decreto si snodano altre misure di sostegno: dall'alleggerimento dell'Irap per le imprese all'irrobustimento e all'estensione degli ammortizzatori sociali (anche ai co.co.co.); dal tetto del 4% sulla rata del mutuo variabile per la prima casa al prestito agevolato per "bebè" fino alle nuove regole sugli accertamenti. Nel piano confluiscono la revisione dell'Opa, i "Tremonti bond" e rispunta la "porno-tax", che viene estesa anche alle trasmissioni Tv a luci rosse (addizionale Irpef del 25% su chi produce e commercializza materiale pornografico). Vengono confermate l'Iva per cassa e la velocizzazione dei pagamenti della pubblica amministrazione. Confermato anche il taglio di tre punti degli acconti Ires e Irap in scadenza il 1° dicembre. Che rappresenta uno dei pochi interventi che scatteranno prima della fine del 2008. Non a caso il ministro Giulio Tremonti sottolinea che gli effetti del piano si sentiranno per due o tre anni.Un piano che il Consiglio dei ministri approva in dieci minuti. Ma il via libera arriva alla fine di una gestazione durata 20 giorni, con pressioni di vario tipo sul ministro dell'Economia, come quella esercitata (con successo) dal ministro Ignazio La Russa per estendere la detassazione del salario di produttività (la cui soglia sale a 35mila euro) anche al personale pubblico dei settori della Difesa, dei Vigili del fuoco e della sicurezza. Un gestazione non del tutto in discesa, insomma. Che ha contribuito a far lievitare, seppure non di molto, il valore del pacchetto di sostegni diretti a famiglie e imprese a quota 5-6 miliardi (secondo alcune stime dei tecnici), 1-2 miliardi in più rispetto ai 4 miliardi di cui si parlava nei giorni scorsi. Tremonti non fornisce i dettagli sulle cifre limitandosi ad affermare che il piano del Governo mobilita 80 miliardi tra risorse sbloccate, utilizzazioni di fondo Ue, sostegni diretti e riduzioni di costi e di tariffe.Il cuore del pacchetto è rappresentato dagli interventi di natura assistenziale, che si vanno ad aggiungere alla social card già prevista dalla manovra estiva, la cui decorrenza, in questo caso, è dicembre 2008. Tra bonus famiglia (2,4 miliardi) e potenziamento degli ammortizzatori (ulteriori 426 milioni da aggiungere ai 600 milioni della Finanziaria, più altri 200 milioni di risorse "europee") si arriva a quota 3 miliardi.Quello per le famiglie appare il capitolo più ricco del decreto. Oltre al bonus, arrivano un tetto del 4% per le rate del mutuo variabile per l'acquisto della prima casa (della parte in eccesso se ne farà carico lo Stato con un fondo di garanzia) e il congelamento, o la riduzione, delle tariffe legate alle forniture abituali (acqua esclusa) con interventi anche su quelle delle Ferrovie e delle autostrade. Del pacchetto fa anche parte il prestito a tasso particolarmente agevolato alle famiglie con nuovi nati (il cosiddetto prestito-bebè).Sul versante lavoro, in aggiunta all'irrobustimento della dote per gli ammortizzatori arriva un assegno di disoccupazione ad hoc per i «co.co.co.», in forma una tantum. Accantonata la proroga della detassazione degli straordinari, sale a 35mila euro la soglia per la proroga della detassazione del salario e dei premi di produttività.Tra le novità dell'ultima ora, i fondi per la sicurezza delle scuole, quelli per l'edilizia carceraria, la stretta del fisco sui circoli e società sportive dilettantistiche e gli incentivi per favorire il rientro in Italia dei "cervelli", ovvero dei ricercatori residenti all'estero, (imponibilità fiscale limitata al 10%).Quanto alle imprese, scattano l'Iva di cassa e la deduzione del 10% dell'Irap ai fini Ires per la componente relativa al costo del lavoro. Prevista poi l'abolizione del tetto del 15% relativo alla presenza delle aziende nelle banche. Il decreto, che dà anche il via allo sblocco dei rimborsi Iva ultradecennali per un valore di oltre 6 miliardi, contiene pure un capitolo anti-evasione. Con l'incremento dei controlli del Fisco sulle grandi imprese (società con giro d'affari superiore ai 300 milioni di euro annui). Vengono inoltre introdotte mini-sanzioni per chi aderisce agli inviti del Fisco. Scatterà anche una revisione degli studi di settore. Infine, in aggiunta agli interventi per velocizzare la realizzaizione delle infrastrtture, il decreto introduce la detassazione in favore dei soggetti che si faranno carico della realizzazione di micro-progetti di arredo urbano (restyling di piazze e giardinetti). fonte:www.ilsole24ore.it

venerdì 14 novembre 2008

Anche il lavoro saltuario può essere subordinato

I dipendenti impiegati “a chiamata” e con ritenuta d’acconto possono avere diritto ai contributi. (Cassazione 31388/2008)

Mettere a disposizione del datore di lavoro le proprie energie lavorative e sottostare alle disposizioni dei superiori può significare l’inserimento nell’organizzazione aziendale, così da configurare un rapporto di lavoro subordinato e non autonomo. Lo ha stabilito la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione confermando una sentenza della Corte di Appello di Genova che aveva riconosciuto la natura subordinata dei rapporti di lavoro di quattro lavoratori impiegati saltuariamente in un’azienda di trasporti. I giudici avevano accertato che le prestazioni dei dipendenti erano state saltuarie e senza vincolo di restare a disposizione del datore di lavoro tra l’una e l’altra, con la possibilità di rifiutare, qualora chiamati, la prestazione (c.d. “lavoro a chiamata”). I lavoratori, però, utilizzati per scaricare i camion e per aiutare il magazziniere, dovevano presentarsi al magazzino nei giorni della prestazione nell’ora stabilita dal responsabile, con l’obbligo di osservarne le disposizioni e con la possibilità di utilizzare i mezzi aziendali per effettuare il lavoro, mentre, sui compensi corrisposti, veniva applicata la ritenuta d’acconto. La Suprema Corte, condividendo le conclusioni dei giudici di merito, ha affermato che ogni attività umana economicamente rilevante può essere oggetto sia di rapporto di lavoro subordinato sia di rapporto di lavoro autonomo, a seconda delle modalità del suo svolgimento, e che l'elemento tipico che contraddistingue il primo dei suddetti tipi di rapporto è costituito dalla subordinazione, intesa quale “disponibilità del prestatore nei confronti del datore di lavoro con assoggettamento alle direttive da questo impartite circa le modalità di esecuzione dell'attività lavorativa, mentre altri elementi, come l'osservanza di un orario, l'assenza di rischio economico, la forma di retribuzione e la stessa collaborazione, possono avere, invece, valore indicativo ma mai determinante”. In buona sostanza, il lavoro saltuario non esclude di per sé l’esistenza di un rapporto di subordinazione.

lunedì 6 ottobre 2008

Cassazione: sì al cognome della madre ai figli

I giudici di piazza Cavour: "Tempi maturi. Uniformarsi al Trattato di Lisbona".
Gli ermellini chiedono al primo presidente della Suprema Corte di poter applicare direttamente la norma rispettando la scelta dei genitori .

(Adnkronos) - Sono maturi i tempi per dare ai figli legittimi il cognome della madre. Lo ribadisce la Cassazione in una sentenza della prima sezione civile (n. 23934) con la quale chiede addirittura al primo presidente della Suprema Corte di poter in un certo qual modo colmare il vuoto normativo e dare la possibilità ai giudici di fare sì che, se i genitori lo vogliono, i figli possano avere il cognome della madre anziché quello del padre. Diversamente, scrivono i supremi giudici, "se tale soluzione sia ritenuta esorbitante dai limiti dell'attività interpretativa la questione possa essere rimessa nuovamente alla Corte Costituzionale". In effetti, rilevano i giudici di piazza Cavour, che i tempi siano maturi per dare ai figli il cognome della madre lo imporrebbe anche "la mutata situazione della giurisprudenza costituzionale" e il "probabile mutamento delle norme comunitarie". Ad indurre la Cassazione ad intervenire nuovamente sul cognome da dare ai figli, il caso di una coppia di Milano, Alessandra C. e Luigi F., che per ben due gradi di giudizio si erano visti negare la possibilità di attribuire al figlio minore Guido, nato nel giugno del 2003, il cognome della madre. In particolare la Corte d'Appello di Milano, nel febbraio 2007, imponendo il cognome paterno aveva rilevato il vuoto normativo evidenziando la "persistente validità alla norma consuetudinaria che impone al figlio legittimo il cognome paterno". Contro il doppio no dei giudici la coppia milanese ha fatto ricorso alla Cassazione. Ed ora la Suprema Corte, accogliendo la rivendicazione dei genitori, chiede con insistenza al primo presidente di poter decidere direttamente. Del resto, rilevano i giudici della prima sezione civile, a far ritenere che siano maturi i tempi per dare ai figli il cognome della madre vi sono numerose pronunce. Non solo della Corte costituzionale che, nel 2006, aveva stabilito che "il sistema di attribuzioni del cognome non è più coerente con i principi dell'ordinamento e con il valore costituzionale dell'uguaglianza tra uomo e donna". Sulla stessa lunghezza d'onda vi è pure una decisione adottata nel dicembre 2007 dai capi di Stato e di governo dei 27 capi della Ue e vi è pure la ratifica del Trattato di Lisbona dello scorso 2 agosto. Da ultimo, concludono gli ermellini, vi sono pure delle pronunce della stessa Corte di cassazione che per ben due volte ha "implicitamente sollecitato un intervento del legislatore che, pur avendo affrontato il tema da ormai quasi un trentennio non è ancora pervenuto a soluzioni concrete".

martedì 9 settembre 2008

Cassazione: accertamento imposte. E' legittimo il controllo del conto corrente del contribuente anche in assenza di preventivo interpello.

E' legittimo l'accertamento induttivo sui conti correnti bancari del contribuente anche se questo non è stato preventivamente interpellato. E' quanto deciso dalla Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Sent. n. 2026872008). In particolare, gli Ermellini, nella sentenza hanno precisato che "l'attività dell'amministrazione finanziaria, avendo natura amministrativa, non è retta dal principio del contraddittorio, sì che l'art. 51, secondo comma, n. 2, del precitato d.P.R., nel prevedere la convocazione del soggetto che esercita l'impresa con l'invito al medesimo a fornire dati, notizie e chiarimenti in ordine alle operazioni annotate nei conti bancari, attribuisce all'Amministrazione una facoltà discrezionale e non un obbligo, con l'ulteriore conseguenza che il mancata esercizio di tale facoltà non trasforma in presunzione semplice la presunzione legale che riferisce i movimenti bancari all'attività svolta dal contribuente, su cui grava perciò l'onere della prova contraria in sede contenziosa, a norma dell'art. 32 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546" e che "in tema di accertamento delle imposte sui redditi, è legittima l'utilizzazione da parte dell'amministrazione finanziaria dei movimenti dei conti correnti bancari in disponibilità del contribuente, anche in assenza di preventivo interpello dell'interessato sulle operazioni bancarie oggetto di verifica e di verbalizzazione delle correlative dichiarazioni, posto che nessuna norma sancisce l'obbligo dell'Ufficio della preventiva convocazione del contribuente".

Enel: Consumatori promuovono class action per vittime dell'elettrosmog

Sulla base di una recente sentenza della Corte di Cassazione l'Enel dovrà risarcire i danni alla salute provocati da un elettrodotto a due agricoltori di Rimini. I danni sarebbero stati causati dalle onde elettromagnetiche generate da tralicci che attraversavano i loro terreni. I due agricoltori avevano iniziato a soffrire di emicrania ed avevano quindi chiesto il risarcimento dei danni. ''Una clamorosa sentenza" commenta il Codacons in una nota " che apre la strada a risarcimenti milionari". E' la prima volta infatti che "la Corte di Cassazione si pronuncia incriminando la nocivita' delle onde elettromagnetiche in relazione a patologie come il mal di testa, considerate minori e passeggere''. Una vittoria di grande rilievo - commenta il presidente del Codacons - che "salvaguardia, riconosce e tutela il piu' importante dei diritti, quello alla salute. Dopo la sentenza della Cassazione che ha riconosciuto l'ipotesi di reato per le onde elettromagnetiche prodotte da Radio Vaticana, questa nuova condanna della Suprema corte apre la possibilita' a chiunque ne sia stato vittima di richiedere un indennizzo''.

giovedì 28 agosto 2008

Multa per i pub che diffondono musica all’aperto

Per accertare il reato è sufficiente l’intervento sul luogo della polizia o dei carabinieri
(Cassazione 25716/2008)

Rischiano una multa i gestori dei locali notturni che mettono gli impianti di diffusione della musica all’esterno del locale durante le ore notturne. Lo ha stabilito la Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione confermando una sentenza del Tribunale di Agrigento che aveva condannato il gestore di un pub della città siciliana a 300 euro di ammenda per il reato di disturbo della quiete pubblica per aver diffuso musica ad alto volume all’esterno del locale. Le forze dell’ordine avevano in più di una occasione verificato la presenza di un musicista che suonava la pianola elettrica fuori del locale e che, sempre all’esterno, erano state posizionate casse acustiche delle dimensioni di un metro e quaranta centimetri, che diffondevano la musica anche a cento metri di distanza. Il gestore si era difeso in Cassazione sostenendo che mancavano sia la misurazione dell’intensità del rumore che la specifica denuncia dei cittadini disturbati. La Suprema Corte, dichiarando inammissibile il ricorso dell’imputato, ha affermato che il reato contestato non richiede alcun superamento di soglie predeterminate purché la condotta sia idonea ad arrecare disturbo ad una serie indeterminata di persone, ed è del tutto irrilevante che una serie indeterminata di persone si sia lamentata effettivamente, basta però che la condotta sia in sé idonea ad arrecare disturbo; infatti, “utilizzare un pub per trasmettere musica, anche dal vivo, con impianti di diffusione ad alto volume in piena notte collocati all'esterno del locale, è condotta certamente idonea ad arrecare disturbo ad una serie indeterminata di persone, per la collocazione in centro abitato”. Per certificare l’illecito e comminare la multa è infine sufficiente l’accertamento degli organi di polizia giudiziaria, polizia o carabinieri, intervenuti sul luogo, che provi la presenza di impianti di diffusione esterni al locale.

Lecito per i “Rasta” fumare marijuana

Il consumo di “erba sacra” per motivi religiosi è indicativo di un uso strettamente personale
(Cassazione 28720/2008)

Gli adepti della religione rastafariana possono fumare marijuana anche in quantità superiore alla soglia consentita dalla legge. Lo ha stabilito la Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione annullando con rinvio una sentenza della Corte di Appello di Perugia che aveva confermato il giudizio di primo grado ribadendo la colpevolezza dell’imputato in ordine al reato di illecita detenzione al fine di spaccio di marijuana, ritenendo che, a prescindere dalla religione cosidetta rastafariana della quale l’imputato si era dichiarato adepto, e, come tale, solito al consumo della sostanza stupefacente, non era comprovato il possesso della droga per esclusivo uso personale, stante la quantità della sostanza in suo possesso. L’uomo era stato sorpreso a dormire a bordo della sua auto ed aveva consegnato spontaneamente agli agenti una busta di marijuana precisando subito che il possesso di tale erba, prelevata da dietro il sedile della vettura, era da lui destinato ad esclusivo uso personale, secondo la pratica suggerita dalla religione rastafariana di cui si era detto adepto. La Suprema Corte, rinviando la questione alla Corte di Appello di Firenze per un nuovo esame della questione, ha sottolineato che, secondo le notizie relative alle caratteristiche comportamentali degli adepti di tale religione di origine ebraica, la marijuana non è utilizzata solo come erba medicinale,ma anche come “erba meditativa”, come tale “possibile apportatrice dello stato psicofisico inteso alla contemplazione nella preghiera, nel ricordo e nella credenza che “la erba sacra” sia cresciuta sulla tomba di re Salomone,chiamato il Re saggio e da esso ne tragga la forza,come,si evince da notizie di testi che indicano le caratteristiche di detta religione”.

lunedì 25 agosto 2008

Libretti postali dormienti estinti il 26 agosto 2008

I titolati potranno rivolgersi alle Poste o, se all'estero, ai consolati o ai patronati locali
(Nota Poste Italiane - Dpr 116/2007 e Legge 266/2005)

I titolari di libretti di risparmio postale dormienti non movimentati da dieci anni con saldo superiore ai 100 euro devono comunicare entro il 26 agosto 2008 le proprie disposizioni (continuare il rapporto o interromperlo) altrimenti le Poste procederanno all'estinzione del conto e le somme saranno devolute (come stabilito dalla legge 266 del 2005) per l'80% al Fondo speciale per le vittime di crack finanziari e per il restante 20% alla regolarizzazione dei precari della pubblica amministrazione. Perché il termine del 26 agosto? Perché il 28 febbraio è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale l'avviso al pubblico per l'applicazione della norma sui depositi dormienti ai libretti di risparmio. Di conseguenza, il termine dei 180 giorni utili al titolare del rapporto per impartire disposizioni o ritirare i soldi scade, circa sei mesi dopo - come prescrive il dpr 116 del 2007 - il 26 agosto. Il libretto è diffuso sopratutto tra gli anziani e gli emigrati all'estero. Questi ultimi, invece di rivolgersi agli uffici postali (come potranno fare tutti i residenti in Italia) è stato infatti predisposto e diramato alle sedi consolari un apposito modulo di dichiarazione da compilare e trasmettere, insieme alla fotocopia di un documento di identità e del codice fiscale, direttamente a: Poste Italiane SpA, Business Unit BancoPosta, Operazioni - Servizio Risparmi, Via di Tor Pagnotta 2, 00143, Roma, oppure tramite il consolato generale o i locali uffici dei patronati, entro il 25 agosto 2008.

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Poste Italiane - Depositi "dormienti" - D.P.R. 22 giugno 2007 n. 116 - Regolamento di attuazione dell'art. 1, c. 345, della legge 23 dicembre 2005 n. 266 in materia di depositi dormienti.

Il Regolamento in materia di depositi dormienti (Decreto del Presidente della Repubblica del 22 giugno 2007 n. 116, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 178 del 2 agosto 2007), entrato in vigore il 17 agosto 2007, prevede che:

sono considerati "dormienti" i depositi di somme di denaro, i depositi di strumenti finanziari in custodia ed amministrazione e i contratti di assicurazione di cui all'art. 2, c. 1, del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 (Ramo Vita), in tutti i casi in cui l'assicuratore si impegna al pagamento di una rendita o di un capitale al beneficiario ad una data prefissata, con saldo superiore a 100 euro, in relazione ai quali non sia stata effettuata alcuna operazione o movimentazione ad iniziativa del titolare del rapporto o di terzi da questo delegati per il periodo di tempo di 10 anni decorrenti dalla data di libera disponibilità delle somme o degli strumenti finanziari;

decorso il suddetto termine il deposito "dormiente" deve essere estinto, ai sensi dell'art. 3 del D.P.R. 116/2007, salvo che, entro il termine di 180 giorni dalla comunicazione da parte dell'intermediario, il titolare non effettui un'operazione o movimentazione (come tale si intende anche la comunicazione espressa alla Banca di voler proseguire nel rapporto). Le somme depositate saranno, quindi, trasferite ad un Fondo pubblico (il fondo di cui all'art. 1 comma 343 della L. 266/2005).

sabato 2 agosto 2008

La norma anti-precari approvata

Al posto del reintegro un indennizzo.
(Articolo 21 Ddl Senato 949).

Al posto del reintegro un indennizzo tra 2,5 e 6 volte l'ultima retribuzione, questo il senso dell'emendamento sotto accusa alla manovra economica passato alla Camera. L'emendamento, proposto dai deputati Massimo Corsaro e Marco Marsilio (Pdl-An), sta spaccando anche il Governo. Modificare la norma che, secondo i presentatori, salverebbe il bilancio delle Poste da 25mila ricorsi di precari, significherebbe una terza lettura del provvedimento alla Camera. La norma originale ormai nota come "anti-precari" era anche peggio: è stata perfino temperata dall'intervento del ministro del Welfare Maurizio Sacconi: il comma 1-quater prevede che le disposizioni "si applicano solo ai giudizi in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto".

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La Camera ha aggiunto all'articolo i commi da 1-bis a 1-quater Ddl Senato 949 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria
(...)

Il testo aggiunto è quello in corsivo

Articolo 21.

(Modifiche alla disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato).
1. All'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, dopo le parole «tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo» sono aggiunte le seguenti: «, anche se riferibili alla ordinaria attività del datore di lavoro».

1-bis. L’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368 si interpreta nel senso che le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo sono determinate da condizioni oggettive quali il raggiungimento di una certa data, il completamento di un compito specifico o il verificarsi di un evento specifico. 1-ter. Dopo l’articolo 4 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368 sono aggiunti i seguenti articoli:

«Art. 4-bis. – (Indennizzo per la violazione delle norme in materia di apposizione e di proroga del termine). – 1. In caso di violazione delle disposizioni di cui agli articoli 1, 2 e 4, il datore di lavoro è tenuto ad indennizzare il prestatore di lavoro con un’indennità di importo compreso tra un minimo di 2,5 ed un massimo di sei mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell’articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni ».

1-quater. Fatte salve salve le sentenze passate in giudicato, le disposizioni recate dall’articolo 4-bis del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, introdotto dal comma 1-ter del presente articolo, si applicano solo ai giudizi in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

2. All’articolo 5, comma 4-bis, del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, come modificato dall’articolo 1, comma 40, della legge 24 dicembre 2007, n. 247, dopo le parole «ferma restando la disciplina della successione di contratti di cui ai commi precedenti» sono inserite le seguenti:
«e fatte salve diverse disposizioni di contratti collettivi stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale».

3. All’articolo 5, comma 4-quater, del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, come modificato dall’articolo 1, comma 40, della legge 24 dicembre 2007, n. 247, dopo le parole «ha diritto di precedenza» sono inserite le seguenti: «, fatte salve diverse disposizioni di contratti collettivi stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale con le organizzazioni sindacali comparativamente piu` rappresentative sul piano nazionale,».

3-bis. Le disposizioni recate dall’articolo 5, commi 2, 3, 4 e 4-bis, del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, e successive modificazioni, si interpretano nel senso che la conversione a tempo indeterminato del rapporto ivi prevista si applica esclusivamente alle fattispecie regolate dalle medesime disposizioni, trovando applicazione nei casi di violazione degli articoli 1, 2 e 4, del medesimo decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, e successive modificazioni, l’articolo 1419, primo comma, del codice civile.

4. Decorsi 24 mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali procede ad una verifica, con le organizzazioni sindacali dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, degli effetti delle disposizioni contenute nei commi che precedono e ne riferisce al Parlamento entro tre mesi ai fini della valutazione della sua ulteriore vigenza.

(...)

martedì 15 luglio 2008

Cassazione: vessazioni sul posto di lavoro sono maltrattamenti

Le vessazioni sul posto di lavoro possono costare al capoufficio una condanna per maltrattamenti in famiglia. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 27469 del 7 luglio 2008 in relazione a un caso di vessazioni e violenza sessuale. Nella sentenza si legge che "l'articolo 572 del vigente codice penale, rispetto all'analoga norma contenuta nel codice del 1989, ha ampliato la categoria delle persone che possono essere vittima di maltrattamenti, aggiungendo nella previsione normativa ogni persona sottoposta all'autorità dell'agente, ovvero al medesimo affidata per ragioni d'istruzione, educazione, ecc. Sussiste il rapporto d'autorità ogni qualvolta una persona dipenda da altra mediante un vincolo di soggezione particolare (ricovero, carcerazione, rapporto di lavoro subordinato, ecc.)". Per la Corte dunque "il rapporto intersoggettivo che si instaura tra datore di lavoro e lavoratore subordinato (...) pone quest'ultimo nella condizione, specificamente prevista dalla norma penale testé richiamata di "persona sottoposta alla sua autorità", il che, sussistendo gli altri elementi previsti dalla legge, permette di configurare a carico del datore di lavoro il reato di maltrattamenti in danno del lavoratore dipendente". "La fattispecie in esame - scrive la Corte - a differenza del maltrattamento in famiglia non richiede la convivenza ma la semplice sussistenza di un rapporto continuativo. In definitiva, gli atti vessatori,che possono essere costituti anche da molestie o abusi sessuali, nell'ambiente di lavoro, oltre al cosiddetto fenomeno del mobbing, risarcibile in sede civile, nei casi più gravi, possono configurare anche il delitto di maltrattamenti". Fonte: www.helpconsumatori.it

Cassazione: vessazioni e minacce ai dipendenti? Datore di lavoro può essere allontanato dalla città

D'ora in avanti il datore di lavoro che sottopone a vessazioni e minacce i propri dipendenti rischia l'allontanamento dalla città in cui ha sede la sua azienda. Parola di Cassazione. I Giudici del Palazzaccio infatti hanno confermato la misura coercitiva del divieto di dimora nei confronti di due datori di lavoro che sottopagavano i propri dipendenti, minacciandoli di licenziamento nel caso in cui avessero deciso di denunciare i fatti. Secondo la Corte (Sentenza 28682/2008 della II sezione penale) un comportamento del genere configura reato di estorsione aggravata e continuata e pertanto l'allontanamento dalla citta' e' una misura "adeguata, siccome l'unica idonea a recidere il legame degli indagati con l'ambiente lavorativo". I due datori erano stati scoperti attraverso delle intercettazioni da cui era emerso che gli indagati avevano la consuetudine "di pagare i dipendenti con gli assegni, salvo poi farsi restituire la differenza al fine di rendere piu' difficoltosa l'acquisizione di documentazione afferente la condotta illecita". Questo comportamento e' andato avanti per lungo tempo giacché i dipendendi avevano preferito sottostare alla minaccia vista la difficoltà a trovare altre opportunita' di lavoro. Alla fine vi è stata una denuncia collettiva che ha portato alla misura coercitiva del divieto di dimora. Inutile il ricorso in Cassazione. Piazza Cavour ha ribadito la legittimità del provvedimento ricordando che "nel caso in cui il datore di lavoro realizzi una serie di comportamenti estorsivi nei confronti di proprie lavoratrici dipendenti, costringendole ad accettare trattamenti retributivi deteriori e non corrispondenti alle prestazioni effettuate e, in genere, condizioni di lavoro contrarie alla legge e ai contratti collettivi, approfittando della situazione di mercato in cui la domanda di lavoro era di gran lunga superiore all'offerta e quindi, ponendo le dipendenti in una situazione di condizionamento morale, in cui ribellarsi alle condizioni vessatorie equivale a perdere il posto di lavoro, e' configurabile il delitto di estorsione" previsto e punito dall'art. 629 C. p.. In tal caso dunque il datore di lavoro rischia di essere cacciato dalla citta' in attesa del processo.
fonte: http://www.studiocataldi.it/

martedì 1 luglio 2008

No del Parlamento europeo al pollo al cloro

Una risoluzione sostenuta da tutti i gruppi politici disapprova la proposta della Commissione
(Risoluzione PE 19.6.2008)

No al “pollo al cloro” in Europa. Con una risoluzione sostenuta da tutti i gruppi politici approvata il 19 giugno 2008 con 526 voti favorevoli, 27 contrari e 11 astensioni, il Parlamento europeo disapprova la proposta della Commissione di autorizzare la commercializzazione per il consumo umano di pollame che ha subito un trattamento antimicrobico e chiede al Consiglio dei Ministri di respingerla. La proposta della Commissione fa seguito alla domanda degli Stati Uniti di autorizzare l’importazione nell’Unione europea della sua produzione di pollame trattato con sostanze chimiche o antimicrobiche. Ma autorizzare il trattamento antimicrobico, anche se solo limitatamente ai prodotti importati, rappresenterebbe, secondo il Parlamento di Strasburgo, una grave minaccia per le norme e gli standard comunitari e contrasterebbe gli sforzi realizzati nell’UE per ridurre i tassi d’infezione batterica nel settore del pollame. Il processo di decontaminazione adottato dagli USA che prevede l’utilizzo di sostanze antimicrobiche alla fine della catena di produzione alimentare non corrisponde all’approccio praticato nell’Unione europea che tende a ridurre i livelli di agenti patogeni nelle carni di pollame coinvolgendo l’intera catena alimentare. L’utilizzo di tali sostanze, inoltre, potrebbe risultare fuorviante per i consumatori in quanto il processo di clorinazione potrebbe alterare l’aspetto della carne per farla apparire piu’ fresca di quanto non sia, minando in tal modo la fiducia nei prodotti alimentari europei.

Chi tradisce in casa perde i beni ricevuti dal coniuge

Un atteggiamento irriguardoso giustifica la revocazione delle donazioni
(Cassazione 14093/2008)

Chi tradisce il coniuge con l’amante nella casa coniugale può perdere tutti i beni e le proprietà che il coniuge gli ha cointestato. Lo ha stabilito la Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione che ha confermato la revocazione per ingratitudine dei beni donati da un signore alla moglie che lo tradiva nella casa coniugale con un giovane partner. L’infedeltà della moglie venne scoperta dal marito più di trenta anni fa, quando la moglie aveva trentasei anni e tradiva il marito con un ventitreenne, incontrandolo nella casa coniugale per diversi anni, fino a quando aveva abbandonato la famiglia per andare a vivere con il nuovo compagno. Per questo la Corte di Appello di Messina le aveva revocato la comproprietà dei beni intestatigli dal marito. La moglie aveva proposto ricorso in Cassazione per chiedere l’annullamento della sentenza. La Suprema Corte, confermando la sentenza di appello, ha sottolineato che appariva giustificata la revocazione delle c.d. “donazioni indirette” per ingratitudine ai sensi dell’art.801 del codice civile (che parla di “ingiuria grave”), in quanto “l'ingiuria grave richiesta dall'art. 801 quale presupposto della revocazione consiste in un comportamento con il quale si rechi all'onore ed al decoro del donante un'offesa suscettibile di ledere gravemente il patrimonio morale della persona, sì da rilevare un sentimento di avversione che manifesti tale ingratitudine verso colui che ha beneficiato l'agente, che ripugna alla coscienza comune”; ciò che costituiva ingiuria grave quindi “non era tanto l'infedeltà coniugale della ricorrente, la quale all'età di trentasei anni, già madre di tre figli, aveva intessuto una relazione con un ventitreenne, protrattasi clandestinamente per vari anni e sfociata nell'abbandono della famiglia per convivere con il nuovo compagno, quanto l'atteggiamento complessivamente adottato, menzognero e irriguardoso verso il marito, all'insaputa del quale la ricorrente si univa con l'amante nell'abitazione coniugale”.

lunedì 23 giugno 2008

Co.co.pro, state attenti ai rinnovi

Circolare del ministero per gli ispettori: se il progetto è identico c'è un forte indizio di subordinazione. Poco compatibili baristi, facchini e commesse. Ma il contratto «atipico» resta confermato .

Il ministero del lavoro è tornato sulla questione cocoprò, uno dei temi «caldi» che ha caratterizzato l'ultimo governo, soprattutto dopo la circolare del 2006 sui call center e l'ispezione in Atesia. Non è intervenuta la cancellazione del contratto ambiguo per eccellenza e dove si annida quasi sempre una forma di sfruttamento, ma in base al recente Protocollo sul welfare si è deciso di dare una stretta sui possibili abusi. Il 29 gennaio il ministero ha dunque emesso la Circolare numero 4, indirizzata agli ispettori del lavoro, che intende però fare anche da «monito» e da indicazione per i datori di lavoro (gli ispettori, per quanto numerosi, non potranno mai battere a tappeto i sei milioni di imprese italiane). Ma attenzione: non si tratta di una legge, è un regolamento su come effettuare le ispezioni.
Salta all'occhio u n elenco contenuto alla fine della circolare, che riporta «quelle attività che l'esperienza ispettiva ha ritenuto difficilmente compatibili, nel concreto, con il regime di autonomia che deve caratterizzare» il lavoro a progetto. Eccole: addetti alla distribuzione di bollette o alla consegna di giornali, riviste ed elenchi telefonici; addetti alle agenzie ippiche; addetti alle pulizie; autisti e autotrasportatori; babysitter e badanti; baristi e camerieri; commessi e addetti alle vendite; custodi e portieri; estetiste e parrucchieri; facchini; istruttori di autoscuola; letturisti di contatori; manutentori; muratori e qualifiche operaie dell'edilizia; piloti e assistenti di volo; prestatori di manodopera nel settore agricolo; addetti alle attività di segreteria e terminalisti.Attenzione: non è escluso il lavoro a progetto per i tipi suddetti, ma si invita l'ispettore a porre cura nel verificare il contratto, sollecitandolo a «ricondurre dette fattispecie al lavoro subordinato in caso che non soddisfino i requisiti di autonomia».
Ed ecco dunque i criteri per stabilire se c'è un eventuale abuso. Innanzitutto il contratto deve essere formalizzato per iscritto: in mancanza, l'ispettore lo ricondurrà al lavoro subordinato. Inoltre, le mansioni svolte «non possono totalmente coincidere con l'attività principale o accessoria d'impresa come risultante dall'oggetto sociale». Le forme del coordinamento cui il lavoratore è sottoposto devono poi «essere espressamente individuate nell'accordo contrattuale».Quanto al contenuto, si specifica che «una prestazione elementare, ripetitiva e predeterminata è assai difficilmente compatibile» con il lavoro a progetto; al lavoratore, «fermo restando il collegamento con la struttura organizzativa del committente, deve residuare una autonomia di scelta sulle modalità esecutive», e non deve esserci «un serrato controllo da parte del committente, esercitato direttamente o per interposta persona»; «devono essere del tutto assenti manifestazioni di un potere disciplinare, anche in forma sanzionatoria».Il lavoro a progetto, indica il ministero, è caratterizzato da un «risultato predeterminato definito dalle parti al momento della stipulazione del contratto, e tale risultato non può essere cambiato successivamente dal committente in modo unilaterale». Infine, «la proroga ingiustificata e il rinnovo per un progetto identico al precedente, costituiscono elementi indiziari particolarmente incisivi».E' ovvio che se si sono segnalati diversi mestieri «a rischio» e posta tanta attenzione nello spaccare il capello, significa che gli ispettori hanno incontrato diversi casi in cui le imprese applicavano il progetto ad attività improbabili. Ma è chiaro che gli imprenditori, per quanti controlli si facciano, utilizzeranno sempre un contratto che può arrivare a costare la metà del lavoro dipendente e che permette il licenziamento senza giusta causa. Una contraddizione che il ministro Damiano, come lo stesso Pd e la sinistra «radicale», da ultime Cgil, Cisl e Uil, non hanno voluto affrontare, siglando un Protocollo che ha confermato questa forma di sfruttamento. La circolare appare dunque solo come un «panicello» per i pochi fortunati che vedranno un ispettore piombare nella propria impresa. (tratto da Il Manifesto del 1 febbraio 2008)

venerdì 20 giugno 2008

Vietato scaricare files personali dalla rete del Comune

I dipendenti pubblici che utilizzano internet per motivi estranei al lavoro rischiano la sospensione.
(Cassazione 20326/2008)

I dipendenti pubblici che navigano troppo sul web e utilizzano la rete per scaricare materiale non legato al proprio lavoro commettono il reato di peculato e rischiano la sospensione dal servizio. Lo ha stabilito la Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione che ha accolto il ricorso della Procura di Bari contro la revoca della sospensione dall’esercizio di pubblico servizio di un dipendente del Comune di Trani. L’impiegato era stato sorpreso a servirsi del computer dell’ufficio, al quale era collegato un masterizzatore dvd, per uso personale usufruendo della rete informatica del Comune. Come ricostruito dai giudici, infatti, il dipendente comunale navigava in internet su siti non istituzionali, scaricando su archivi personali dati ed immagini non inerenti alla pubblica funzione, prevalentemente materiale di carattere pornografico, con danno economico per l’ente pubblico. Indagato per peculato, l’impiegato era stato prima sospeso dal Tribunale di Trani e successivamente riammesso dal Tribunale di Bari, che aveva stabilito che “il reato di peculato tutela il patrimonio della P.A. e che lo stesso non poteva essere depauperato a seguito dei collegamenti in questione di un computer comunque e sempre collegato alla rete elettrica e telefonica indipendentemente dall'uso e dalla navigazione”, ritenendo, con particolare riferimento al collegamento alla rete elettrica, che non si fosse indicato il danno patrimoniale, atteso che “i computers sono sempre collegati alla rete elettrica, né può ritenersi ulteriore consumo di energia elettrica per il fatto che a un computer siano collegate una o più periferiche”. Contro tale decisione la Procura di Bari aveva proposto ricorso in Cassazione. La Suprema Corte, accogliendo il ricorso, ha disposto un nuovo processo per l’imputato, ricordando che “l’art. 314 del codice penale, oltre a tutelare il patrimonio della pubblica amministrazione, mira ad assicurare anche il corretto andamento degli uffici della stessa basato su un rapporto di fiducia e di lealtà col personale dipendente”, per cui la vicenda deve essere riesaminata in quanto il Tribunale del riesame dà per scontato un dato che non emerge affatto dagli atti, cioè che il computer fosse perennemente collegato alla rete elettrica e telefonica in modo da comportare costi fissi per la pubblica amministrazione indipendente dalla navigazione in internet. Il Tribunale dovrà inoltre motivare se sussista un pericolo di reiterazione del reato, tenuto conto del fatto che sono stati trovati sull'apparecchio in questione e sul disco esterno ben 10.000 files, di cui solo una modestissima parte di natura attinente alle funzioni esercitate.

Nasce il reato di molestie reiterate o stalking

Il disegno di legge dovrà ora essere esaminato dalle Camere
(Schema ddl Cdm 18.6.2008)

Il disegno di legge propone di introdurre nel nostro ordinamento il reato cosiddetto dello “stalking”, cioè di molestie reiterate e insistenti. È stato con il Consiglio dei Ministri del 18 giugno 2008, che il governo ha approvato il ddl recante misure contro gli atti persecutori, proposto dal Ministro per le pari opportunità, Mara Carfagna. Con questo provvedimento chiunque commetta atti persecutori, il cosiddetto “stalking” appunto, sarà punito dalla legge con pene fino a quattro anni di reclusione. Si prevede l’ergastolo se lo stalker arriva a uccidere la propria vittima. La vittima per difendersi può presentare querela. Ma prima della querela può richiedere al questore un provvedimento di ammonimento orale nei confronti del persecutore. Si introducono delle aggravanti se il fatto è commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato o da persona legata alla vittima da una relazione affettiva. La pena è aumentata fino alla metà e si procede d’ufficio se il fatto è commesso ai danni di un minore, se ricorrono le aggravanti di aver agito con la minaccia delle armi, con più persone, con scritti anonimi o se lo stalker è già stato ammonito oralmente dal questore. E’ previsto anche il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, dai suoi congiunti, dai suoi conviventi o legati da una relazione affettiva. Il provvedimento dovrà ora andare all’esame delle Camere.

giovedì 19 giugno 2008

Conviventi maltrattate tutelate come mogli

Il reato di maltrattamenti in famiglia deve essere esteso anche alle conviventi “more uxorio”
(Cassazione 20647/2008)

Il reato di maltrattamenti in famiglia si configura anche quando è commesso ai danni di persona convivente “more uxorio”, in quanto le donne che convivono stabilmente con il partner hanno diritto alla stessa tutela prevista dal codice penale per le mogli. Lo ha stabilito la Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione, che ha confermato la misura della custodia cautelare per un signore di Torre del Greco arrestato in quanto sottoponeva la convivente a continue violenze fisiche e morali. L’imputato, che viveva con la sua compagna da più di dieci anni e dalla quale aveva avuto due figlie, aveva sostenuto che non si potesse parlare di maltrattamenti in famiglia in quanto la donna era una semplice convivente. La Suprema Corte ha invece affermato che, per costante giurisprudenza, “ai fini della configurabilità del reato di maltrattamenti in famiglia non assume alcun rilievo la circostanza che l'azione delittuosa sia commessa ai danni di persona convivente more uxorio”, in quanto il richiamo contenuto nell'art. 572 del codice penale alla “famiglia” deve intendersi riferito “ad ogni consorzio di persone tra le quali, per strette relazioni e consuetudini di vita, siano sorti rapporti di assistenza e solidarietà per un apprezzabile periodo di tempo, ricomprendendo questa nozione anche la famiglia di fatto”. È sufficiente pertanto che si tratti di un rapporto tendenzialmente stabile, sia pure naturale e di fatto, instaurato tra due persone con legami di reciproca assistenza e protezione.

mercoledì 18 giugno 2008

Ultimi chiarimenti sulle esenzioni prima casa dell'Ici

È dei Comuni l'ultima parola sul pagamento dell'Ici sulle case date in comodato ai parenti
(Dipartimento delle Finanze Risoluzione 12/DF 5.6.2008)

È dei Comuni l'ultima parola sul pagamento dell'Ici sulle case date in comodato ai parenti. Questo e molti altri chiarimenti sono venuti il 5 giugno dalla risoluzione 12/DF del Dipartimento delle Finanze a ormai pochi giorni dalla scadenza dell'Inposta comunale sugli immobili. Tra i chiarimenti quello che l'abolizione dell'imposta spetta a tutte le categorie di immobili adibite ad abitazione principale a parte che non si tratti di immobili di lusso. Altro chiarimento importante quello che non serve la residenza ma basta il domicilio: il contribuente può infatti dimostrare che abita in una casa diversa da quella in cui ha la residenza.

martedì 17 giugno 2008

Il secondo mese di vita

Gentili lettori,
a due mesi dalla nascita di questo Blog, abbiamo già avuto 370 visite, si ringraziano tutti coloro che visitano i nostri blog. Continueremo ad informarvi e fare luce su tante questioni spesso ignorate, al solo scopo di divulgare la conocenza e il rispetto dei "diritti" .

Le regole per gli strumenti didattici per i disabili

Testi elettronici e software di supporto
(DPCM 30.4.2008 - GU n. 136 del 12.6.2008 )

Come devono essere le copie su supporto digitale dei testi scolastici e gli strumenti didattici ad uso degli studenti disabili? Innanzi tutto i libri in formato elettronico dovranno includere l’ultima edizione del programma di lettura previsto del ministero per l’innovazione e le tecnologie, oltre che le istruzioni d'uso, con la specifica dell'organizzazione del contenuto del supporto digitale, le modalità di installazione e di utilizzo del materiale fornito. Le caratteristiche logiche e strutturali del libro di testo originale dovranno essere mantenute inalterate nella corrispondente versione elettronica ed il testo dovrà essere presentato in modo linea rizzato, eventualmente suddiviso in blocchi e colonne. I libri dovranno avere, poi, un sommario navigabile per consentire il collegamento diretto ai corrispondenti contenuti e prevedere idonei collegamenti ipertestuali per il ritorno all'indice od ai contenuti alla fine di ciascuna sezione. Pure le note ed i relativi rimandi e riquadri di approfondimento dovranno essere dotati di collegamenti ipertestuali espliciti al punto od all'elemento corrispondente nel testo principale. Inoltre, gli editori dei libri elettronici dovranno evitare di utilizzare immagini od altri elementi grafici per rappresentare contenuti testuali e completare le immagini, i grafici e le tabelle utilizzate a scopo didattico con didascalie esaurienti, equiparabili a quelle che si hanno in cartaceo. Da ultimo, i contenuti del libro di testo o di sue parti, nel rispetto della normativa sul diritto d'autore, dovranno essere esportabili e dovranno essere liberi da protezioni o da altri vincoli che inibiscano o limitino le funzioni di gestione del programma di lettura e la personalizzazione della modalità di visualizzazione (colori del testo e dello sfondo e l'interfacciamento con le tecnologie di assistenza). In secondo luogo, il software didattico, espressamente realizzato per agevolare e favorire i processi di apprendimento ed integrazione dei disabili, deve avere dei requisiti compatibilmente con le proprie particolari finalità educative. Ad esempio, il software didattico, utilizzato dagli studenti della scuola secondaria di secondo grado per saggiarne la preparazione nel corso dell’anno scolastico, dovrà permettere tempi più lunghi per l'effettuazione delle prove. Si dovrà dare ampio spazio alla personalizzazione della didattica, che è alla base del processo di integrazione nella nostra scuola, attraverso strumenti informatici flessibili e quindi adattabili alle particolari esigenze di ciascun alunno. In questo modo a ciascuno sarà data l’opportunità di partecipare alle attività della classe nella maniera più completa possibile, benché con modalità ed eventualmente con obiettivi diversi. In tal senso il software dovrà consentire, oltre al rispetto delle impostazioni generali dell'utente (mantenimento dei valori impostati, con eventuale menù di personalizzazione), anche una precisa regolazione dei tempi di esecuzione, della velocità degli oggetti dinamici e della modifica delle immagini presenti. In quanto al testo, fermo restando che andranno sempre osservate le regole di leggibilità grafica, dovrà essere possibile, sia in fase di lettura sia di scrittura, definire il tipo di carattere, le dimensioni, il colore dei caratteri e dello sfondo, avendo a disposizione anche personalizzazione degli attributi del testo scritto (compreso quello dei bottoni e dei menù tipo, stile, colore del corpo e dello sfondo) e prevedendo la possibilità di scegliere tra una scrittura interamente in maiuscolo e una maiuscolo/minuscolo. Estrema personalizzazione dovrà essere consentita infine per suoni, colori, immagini e livelli di difficoltà. Queste linee guida sono il soggetto del decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri datato 30 aprile 2008 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 12 giugno 2008.

martedì 10 giugno 2008

Segretezza del voto, sono legge le nuove norme

Confermate tutte le disposizioni del decreto legge
(Legge n. 96/2008 - GU n. 128 del 3.6.2008 )

Diventano legge le nuove norme sulla segretezza elettorale. È stato, infatti, convertito il decreto legge n. 49/2008, che prevedeva il divieto di introdurre nelle cabine elettorali telefoni cellulari od altri apparecchi con cui fotografare o riprendere immagini, pena l’arresto da tre a sei mesi ed una multa da 300 a 1.000 Euro. Le disposizioni, applicate per la prima volta durante le scorse elezioni politiche ed amministrative, sono state riportate esattamente, senza alcun cambiamento, nella legge n. 96/2008 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 3 giugno 2008, in vigore dal giorno successivo. Ricordiamo che è compito del presidente dell'ufficio elettorale di sezione invitare l'elettore a depositare telefonini ed apparecchiature per riprese o foto, quando quest’ultimo presenta il documento di identificazione e la tessera elettorale. Il tutto verrà restituito, insieme al documento, dopo che si saranno inserite nelle urne le schede elettorali. Ovviamente queste disposizioni valgono sia per le consultazioni elettorali, sia per quelle referendarie.

mercoledì 4 giugno 2008

Contratti a Progetto: facciamo il punto

A distanza di oltre quattro anni dall’entrata in vigore della ‘Legge Biagi’ (che ha introdotto nel nostro ordinamento il contratto a progetto), è sempre più in crescita il numero dei lavoratori a progetto, mentre sono in calo le assunzioni a tempo indeterminato. L’importanza cruciale del lavoro a progetto nell’attuale Mercato del lavoro è stata sottolineata dal Ministero del Lavoro che, infatti, ha emanato già quattro circolari (l’ultima è la numero 8 del 31 marzo 2008), fornendo chiarimenti e indicazioni operative. Facciamo il punto sui tratti sostanziali del rapporto di lavoro a progetto anche alla luce degli orientamenti giurisprudenziali e dei riscontri degli Ispettori del lavoro, chiamati a vigilare affinché il contratto a progetto non venga utilizzato come strumento per eludere la normativa sul lavoro subordinato. Ai sensi dell’art. 61 del d.lgs. 276/2003 (cosiddetta ‘Legge Biagi’), le collaborazioni coordinate e continuative devono essere riconducibili a uno o più progetti specifici o programmi di lavoro (o fasi di esso). Sono, pertanto, illegittimi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa posti in essere al di fuori di questo schema negoziale tipico, con la conseguenza della trasformazione del rapporto di lavoro a progetto in rapporto subordinato a tempo indeterminato. Ma andiamo con ordine. Il contratto a progetto può essere validamente e legittimamente stipulato per lo svolgimento di un’attività progettuale resa in piena autonomia e sulla base di un mero coordinamento con il committente (nell’ambito del contratto a progetto è più corretto parlare di committente piuttosto che di datore di lavoro). Il contratto a progetto deve tendere al raggiungimento di un risultato predeterminato. La forma scritta del contratto di lavoro a progetto è richiesta soltanto ai fini della prova. In altre parole, essa assume valore decisivo per l’individuazione del progetto o programma di lavoro (o fase di esso). In mancanza di forma scritta, infatti, non sarà facile per il committente dimostrare che la prestazione lavorativa sia riconducibile nell’ambito del contratto (autonomo) a progetto. A tal proposito, nel caso in cui nel contratto manchi totalmente l’indicazione del progetto, il rapporto di lavoro si trasforma automaticamente in lavoro subordinato a tempo indeterminato, a meno che il committente fornisca la prova dell’esistenza di un rapporto di lavoro effettivamente autonomo. Se, invece, il progetto esiste ed è indicato nel contratto, sarà il lavoratore a dovere dimostrare la natura subordinata del rapporto di lavoro e che il progetto, in concreto, non esiste. Il progetto o programma di lavoro (o fase di esso) deve essere specificato ed individuato in modo specifico. Esso può essere funzionalmente correlato all’attività esercitata dall’impresa, ma non può in nessun modo coincidere con essa. Ciò significa che il progetto indicato nel contratto non può limitarsi a descrivere il mero svolgimento dell’attività esercitata dall’impresa né può consistere nella semplice elencazione, seppur analitica, delle mansioni del lavoratore. Se da un lato l’inserimento del collaboratore a progetto nel contesto aziendale non può essere considerato un elemento decisivo per la natura subordinata del rapporto di lavoro, dall’altro è, però, necessario che il collaboratore abbia una autonomia di scelta sulle modalità esecutive di svolgimento della propria prestazione lavorativa. Non si dimentichi, infatti, che il lavoro a progetto ha natura autonoma ed è proprio questo l’elemento che lo differenzia dal rapporto di lavoro subordinato. Deve, dunque, mancare qualsiasi tipo di direzione e controllo, da parte del committente, sull’attività del collaboratore. E’, inoltre, ininfluente il tempo impiegato per l’esecuzione dell’attività lavorativa: ciò che conta è la realizzazione del progetto. Si parla, a tal proposito, di obbligazione di risultato e non di durata. Ecco perché il compenso del collaboratore non può essere legato esclusivamente al tempo della prestazione, così come avviene nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato. La non ingerenza del committente nell’attività lavorativa del collaboratore comporta anche che egli non può e non deve attuare alcun potere disciplinare nei confronti dello stesso. Per quanto riguarda le concrete modalità operative con le quali vengono rese le prestazioni lavorative, va detto che una prestazione ripetitiva e predeterminata è assai difficilmente compatibile con una attività di carattere progettuale. Inoltre, il collaboratore non deve essere utilizzato per una molteplicità di generiche attività estranee al progetto. La sua prestazione non deve in nessun caso risolversi in una mera messa a disposizione di energie lavorative in favore del committente. Per quanto riguarda, infine, la proroga del contratto nel caso in cui il risultato indicato nel progetto non sia stato raggiunto entro la scadenza del contratto, si osserva che la proroga ingiustificata – così come il rinnovo del contratto per un progetto identico al precedente – costituiscono elementi particolarmente incisivi per la prova della subordinazione. Tralasciando, in conclusione, i discorsi su precariato e crisi d’impresa, emerge un dato incontestabile: che il contratto di lavoro a progetto costituisce un vero e proprio fenomeno ed è sempre più diffuso. Il fatto che il contratto a progetto sia visto come un passo ‘obbligato’ verso la tanta aspirata stabilità lavorativa non è sufficiente, a mio parere, a giustificare la scarsa conoscenza della disciplina sostanziale di tale tipologia contrattuale da parte degli stessi lavoratori a progetto che, tra l’altro, sono più qualificati e preparati rispetto agli anni passati.

*****
Circolare n. 1/2004 del Ministero del Lavoro. Il Ministero fornisce indicazioni sulla disciplina sostanziale del contratto di collaborazione coordinata e continuativa a progetto (co.co.pro.), evidenziando il presupposto fondamentale dell’autonomia della prestazione e le caratteristiche del "progetto, programma di lavoro o fase di esso".

Circolare n. 17/2006 del Ministero del Lavoro. Con riferimento al settore dei call center, il Ministero interviene ad individuare le modalità di corretto utilizzo di tale tipologia contrattuale, descrivendo in modo analitico le forme di svolgimento della prestazione lavorativa.

Circolare n. 4/2008 del Ministero del Lavoro. Il Ministero offre agli organi di vigilanza concrete indicazioni operative per una più incisiva ed uniforme azione ispettiva volta a ricondurre l’utilizzo del contratto a progetto nell’ambito delle finalità individuate dalla legge. Il Ministero, inoltre, fornisce un elenco di alcune particolari attività lavorative che sembrano difficilmente compatibili con la tipologia del contratto a progetto. Eccole:

addetti alla distribuzione di bollette o alla consegna di giornali, riviste ed elenchi telefonici;
addetti alle agenzie ippiche;
addetti alle pulizie;
autisti e autotrasportatori;
babysitter e badanti;
baristi e camerieri;
commessi e addetti alla vendita;
custodi e portieri;
estetiste e parrucchieri;
facchini;
istruttori di autoscuola;
letturisti di contatori;
manutentori;
muratori e qualifiche operaie dell'edilizia;
piloti e assistenti di volo;
prestatori di manodopera nel settore agricolo;
addetti alle attività di segreteria e terminalisti.

Per quanto riguarda le suddette attività lavorative, la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato si presume. Incombe, infatti, sul committente l’onere di provare la riconducibilità del rapporto di lavoro nell’ambito dell’autonomia e, quindi, del rapporto di lavoro a progetto.

Circolare n. 8/2008 del Ministero del Lavoro. Il Ministero fornisce nuove indicazioni sul processo di trasformazione/stabilizzazione dei rapporti di collaborazione in rapporti di lavoro subordinato (D.L. 248/2007 conv. Legge 31/2008).

Gli elementi che identificano un rapporto di lavoro di natura subordinata.
I Giudici del Lavoro intendono la subordinazione come "assoggettamento gerarchico del lavoratore al potere di direzione e controllo del datore di lavoro". La giurisprudenza ha individuato alcuni indici che possono concorrere a dimostrare l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato:

- la sottoposizione del lavoratore al potere disciplinare;
- l’obbligo di eseguire la prestazione nell’orario stabilito dal datore di lavoro;
- la predeterminazione e la continuità ideale della prestazione;
- la periodicità, le caratteristiche e la misura del compenso del lavoratore;
- l’assenza, per il lavoratore, del rischio concernente il risultato finale dell’attività;
- la mancanza di una organizzazione propria del lavoratore che impiega quella del datore;
- l’inserimento strutturale del lavoratore nell’organizzazione produttiva del datore di lavoro.

sabato 31 maggio 2008

Olio d’oliva, controlli anche sulle etichette

Contro le frodi alimentari ed i prodotti di dubbia provenienza anche il registro dal 31 maggio 2008.
(DM Agricoltura 5.2.2008 - GU n. 114 del 16.5.2008 )

Produttori, rivenditori, fornitori e gestori di frantoi dovranno aspettarsi dei controlli sulle etichette dei loro oli di oliva vergini ed extravergini. L’Ispettorato centrale per il controllo della qualità dei prodotti agroalimentari è stato, infatti, autorizzato dal decreto del ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, datato 5 febbraio 2008 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 16 maggio scorso, a compiere delle verifiche circa la corrispondenza della zona geografica nella quale le olive sono state raccolte e quella dove è situato il frantoio in cui è stato estratto l'olio. Questo documento in pratica contiene le modalità applicative del precedente decreto ministeriale 10 ottobre 2007 sull’etichettatura obbligatoria degli oli di oliva e la loro tracciabilità, emanato in linea con la normativa europea. Ad esempio il decreto del 2007 stabilisce che sull’etichetta venga riportato in modo chiaro se l’olio proviene da olive coltivate in un unico Stato,nel quale è anche situato il frantoio di estrazione, oppure se esso proviene da olive coltivate in Stati diversi (in ordine decrescente di quantità) ed è stato estratto in un unico Stato, oppure se è il risultato finale di tagli di oli estratti in Stati diversi da olive coltivate in Stati diversi. Questo DM applicativo, per permettere lo svolgimento di tali operazioni ispettive da parte di Agecontrol (l’agenzia incaricata di effettuare i controlli di conformità alle norme di commercializzazione applicabili nel settore degli ortofrutticoli freschi), prevede che le imprese di condizionamento riconosciute detengano, per ogni stabilimento e deposito, un registro di carico e scarico, in cui annotare i movimenti per ogni tipo di olio introdotto ed uscito, del quale è obbligatorio dichiarare l'origine. È importante ricordare che tutte le imprese dovranno possedere tale registro entro il prossimo 31 maggio. Infine, tutte le ispezioni saranno svolte nell’ambito di un preciso piano annuale che, pur coinvolgendo l’intera filiera, riguarderà soprattutto la commercializzazione degli oli di oliva vergini ed extravergini.

lunedì 19 maggio 2008

Lo stop agli sms trappola

(Gar. Concorrenza Delibera Ps86 19.5.2008)
La misura cautelare adottata nell’ambito di un procedimento per la scorrettezza della pratica commerciale.

Stop agli sms trappola. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, ha deciso di bloccare gli invii di sms che invitano i consumatori a chiamare i numeri ‘899…’ dal telefono fisso, con costi rilevanti, che partono da 15 euro come scatto alla risposta. La misura cautelare è stata adottata nell’ambito di un procedimento avviato per verificare la scorrettezza della pratica commerciale che, invitando con sms a consultare con urgenza una segreteria telefonica per ascoltare un messaggio personale in realtà inesistente, spinge i consumatori a contattare i numeri indicati. L’Autorità ha quindi imposto agli operatori alternativi assegnatari da parte del Ministero delle Comunicazioni delle numerazioni non geografiche ‘899…’ (Karupa, BT Italia, Voiceplus, High Tech Network e il titolare del dominio www.messaggiperte.com), nonché a Telecom Italia in qualità di assegnatario di alcune numerazioni 899 in questione, di sospendere l’invio di sms che inducono i consumatori a contattare le numerazioni a sovraprezzo.I soggetti che elaborano il contenuto dei messaggi e ne commissionano la diffusione, sui quali sono in corso da parte degli uffici ulteriori approfondimenti istruttori, risultano materialmente e direttamente responsabili della ricezione, non richiesta e non autorizzata da parte degli utenti di telefonia mobile, dei messaggi. Tuttavia la misura cautelare è stata adottata, al momento, nei confronti degli assegnatari delle numerazioni a sovrapprezzo in quanto a loro carico sono previsti specifici obblighi di controllo rispetto all’ideazione, predisposizione e commercializzazione di servizi su numerazioni “899…”, oltre ad ulteriori obblighi di informazioni, trasparenza e riservatezza, nei confronti della clientela. Obblighi che valgono anche nei casi in cui le numerazioni non geografiche a sovrapprezzo siano state cedute a soggetti terzi.

Il primo mese di Vita..

Sabato 17 maggio la nostra redazione ha compiuto il primo mese di vita, si ringraziano tutti gli amici che in questo primo mese hanno condiviso con noi le informazioni e le notizie contenute in questo blog. Grazie

Carta d'identità elettronica, costerà 20 euro

(Dm Economia 22.4.2008 Gu 8.5.2008)
Tutti i dati presenti nel documento tradizionale anche memorizzati in un microchip.

Confermato il costo di 20 euro per il rilascio della carta d'identità elettronica. Lo prevede il decreto dei ministeri dell'economia e dell'interno del 22 aprile scorso nel quale si stabilisce che l'importo del corrispettivo da porre a carico dei richiedenti la carta d'identità elettronica è pari a 20,00 euro. Il documento, simile ad una carta di credito per materiale e dimensioni, contiene tutti i dati presenti sulla carta tradizionale che sono anche memorizzati su un microchip e su una banda ottica, per permettere il controllo dell’identità del cittadino e per garantire l’inalterabilità dei dati, e l’impronta digitale, che viene acquisita mediante lettura ottica del dito indice della mano sinistra, e memorizzata sul microchip. Con la carta vengono rilasciati, in busta chiusa tre codici personali per l'accesso l'accesso ai servizi erogati in rete dalle pubbliche amministrazioni. Entro il 31 dicembre di quest'anno l'accesso a questi servizi sarà possibile solo tramite la carta d'identità elettronica.

domenica 11 maggio 2008

Illegittimo diffondere on line le dichiarazioni fiscali

Le modalità della pubblicazione sono competenza del Parlamento
(Gar. Privacy Nota 6.5.2008)

La pubblicazione delle dichiarazioni dei redditi del 2005 sul sito dell'Agenzia delle entrate è illegittima e contrasta con la normativa in materia di privacy. Lo ha ribadito l'Autorità Garante per la protezione dei dati personali che ha concluso l'istruttoria avviata sulla diffusione, tramite il sito web dell'Agenzia delle entrate, dei dati relativi alle dichiarazioni dei redditi dei contribuenti italiani. L'Agenzia delle entrate, afferma il Garante nella nota con la quale informa della conclusione dell'istruttoria, ''dovrà quindi far cessare definitivamente l'indiscriminata consultabilità, tramite il sito, dei dati relativi alle dichiarazioni dei redditi per l'anno 2005''. Nella nota si sottolinea che la decisione dell’Agenzia contrasta con la normativa in materia: in primo luogo, perché il Dpr n.600/1973 stabilisce che al direttore dell’Agenzia delle entrate spetta solo il compito di fissare annualmente le modalità di formazione degli elenchi delle dichiarazioni dei redditi, non le modalità della loro pubblicazione, che rimangono prerogativa del legislatore. Inoltre l'inserimento dei dati in Internet, “appare di per sé non proporzionato rispetto alla finalità della conoscibilità di questi dati” e poi “ ha dilatato senza limiti il periodo di conoscibilità di dati che la legge stabilisce invece in un anno.” Quanto alla procedura non è poi stato chiesto al Garante il parere preventivo prescritto per legge. Il Garante ha stabilito, infine, di contestare all’Agenzia, con un altro provvedimento, l’assenza di un’idonea informativa ai contribuenti riguardo alla forma adottata per la diffusione dei loro dati, anche al fine di determinare la relativa sanzione amministrativa.

Autorità Garante per la privacy – Nota del 6 maggio 2008 - Redditi on line: illegittima la diffusione dei dati sul sito internet dell’agenzia delle entrate

L’Autorità Garante per la privacy ha concluso l’istruttoria avviata sulla diffusione, tramite il sito web dell’Agenzia delle entrate, dei dati relativi alle dichiarazioni dei redditi dei contribuenti italiani. Il Collegio (composto da Francesco Pizzetti, Giuseppe Chiaravalloti, Mauro Paissan, Giuseppe Fortunato), nel ribadire quanto già sostenuto nel provvedimento con il quale aveva immediatamente invitato a sospendere la pubblicazione on line, ha stabilito che la modalità utilizzata dall’Agenzia è illegittima.
L’Agenzia delle entrate dovrà quindi far cessare definitivamente l’indiscriminata consultabilità, tramite il sito, dei dati relativi alle dichiarazioni dei redditi per l’anno 2005.
La decisione dell’Agenzia contrasta con la normativa in materia. In primo luogo, perché il Dpr n.600/1973 stabilisce che al direttore dell’Agenzia delle entrate spetta solo il compito di fissare annualmente le modalità di formazione degli elenchi delle dichiarazioni dei redditi, non le modalità della loro pubblicazione, che rimangono prerogativa del legislatore. Attualmente, per le dichiarazioni ai fini dell’imposta sui redditi, la legge prevede unicamente la distribuzione degli elenchi ai soli uffici territoriali dell’Agenzia e la loro trasmissione ai soli comuni interessati e sempre con riferimento ai contribuenti residenti nei singoli ambiti territoriali.
L’inserimento dei dati in Internet, inoltre, appare di per sé non proporzionato rispetto alla finalità della conoscibilità di questi dati.
L’uso di uno strumento come Internet rende indispensabili rigorose garanzie a tutela dei cittadini. L’immissione in rete generalizzata e non protetta dei dati di tutti i contribuenti italiani (non sono stati previsti “filtri” per la consultazione on line) da parte dell’Agenzia delle entrate ha comportato una serie di conseguenze: la centralizzazione della consultazione a livello nazionale ha consentito, in poche ore, a numerosissimi utenti, non solo in Italia ma in ogni parte del mondo, di accedere a innumerevoli dati, di estrarne copia, di formare archivi, modificare ed elaborare i dati stessi, di creare liste di profilazione e immettere ulteriormente dati in circolazione, ponendo a rischio la loro stessa esattezza. Tale modalità ha, inoltre, dilatato senza limiti il periodo di conoscibilità di dati che la legge stabilisce invece in un anno.
L’Autorità ha poi rilevato che non è stato chiesto al Garante il parere preventivo prescritto per legge.
L’Autorità ha altresì specificato che va ritenuta illecita anche l’eventuale ulteriore diffusione dei dati dei contribuenti da parte di chiunque li abbia acquisiti, anche indirettamente, dal sito Internet dell’Agenzia. Tale ulteriore diffusione può esporre a conseguenze di carattere civile e penale.
Resta fermo il diritto-dovere dei mezzi di informazione di rendere noti i dati delle posizioni di persone che, per il ruolo svolto, sono o possono essere di sicuro interesse pubblico, purché tali dati vengano estratti secondo le modalità attualmente previste dalla legge.
L’Autorità sottolinea, sin d’ora, che, qualora il Parlamento e il Governo intendessero porre mano ad una revisione della normativa alla luce del mutato scenario tecnologico, si porrà l’esigenza di individuare, sentita l’Autorità, soluzioni che consentano un giusto equilibrio tra forme proporzionate di conoscenza dei dati dei contribuenti e la tutela dei diritti degli interessati.
Il Garante ha stabilito, infine, di contestare all’Agenzia, con separato provvedimento, l’assenza di un’idonea informativa ai contribuenti riguardo alla forma adottata per la diffusione dei loro dati, anche al fine di determinare la relativa sanzione amministrativa.
Per dare la massima conoscibilità al provvedimento e anche per consentire a tutti di avere maggiore consapevolezza che la ulteriore messa in circolazione dei dati è un fatto illecito che può avere anche rilevanza penale, l’Autorità ha disposto la pubblicazione del provvedimento sulla Gazzetta Ufficiale.

lunedì 5 maggio 2008

La rivoluzione per gli assegni dal 30 aprile 2008

(Dlgs n. 231/2007 - GU n. 290 del 14.12. 2007- Suppl. Ordinario n. 268/L)

Lotta senza quartiere ai passaggi di soldi illegali ed ai pagamenti in nero. Dal prossimo 30 aprile cambieranno alcune regole fondamentali per assegni, libretti al portatore e denaro contante. Secondo, infatti, quanto stabilito in particolare dagli articoli 49 e 50 del decreto legislativo n. 231/2007 pubblicato sul Supplemento Ordinario della Gazzetta Ufficiale del 14 dicembre 2007, dovranno essere applicate più severe norme antiriciclaggio, che garantiscono maggiore trasparenza e tracciabilità delle somme in movimento. Gli assegni superiori a 5.000 Euro dovranno indicare il nome e la ragione sociale del beneficiario e dovranno essere sempre contrassegnati con la dicitura “non trasferibile”, tanto che i nuovi blocchetti emessi dagli istituti bancari e dalle Poste avranno su ogni assegno questa scritta già stampigliata. Ma niente paura, come chiarito da una circolare del Ministero dell’Economia, chi avesse ancora i vecchi libretti potrà continuare ad usarli, fino al loro esaurimento. Basterà solo scrivere sull’assegno “non trasferibile” a penna. I così detti “assegni liberi”, invece, diventeranno più costosi, perché si dovrà pagare una tassa di 1,50 Euro per ciascuno di essi (non per un blocchetto!) e chiederli per iscritto. Per di più, ogni girata dovrà assolutamente avere, oltre la firma, anche il codice fiscale del girante stesso, senza cui l’assegno non potrà essere pagato. In questo modo il suo potere di circolare sarà notevolmente ridotto. Mentre gli assegni bancari e postali emessi all'ordine del titolare del conto, cioè quelli intestati “a me medesimo”, potranno essere girati unicamente per l'incasso ad una banca od alle Poste, ma non più ad altri. La clausola di non trasferibilità sarà valida anche per gli assegni circolari, i vaglia postali e cambiari. Chi non rispetterà le nuove regole potrà dover pagare una sanzione, che potrà arrivare fino al 40% dell’importo dell’assegno irregolare. Sempre dal 30 aprile i libretti al portatore non potranno avere un saldo pari o superiore a 5.000 Euro. I vecchi libretti con cifre pari o superiori a questo limite dovranno essere messi in regola entro il 30 giugno 2009, altrimenti si rischia una multa che potrà andare dal 10 al 20% dell’importo del libretto in questione. Si potrà scegliere se prelevare la somma in più e metterla su di un altro libretto, se estinguerli o ancora se trasformarli in libretti di tipo nominativo. Nel caso in cui si dovesse cedere il libretto al portatore ad un altro, si sarà obbligati a comunicarlo, entro 30 giorni, alla banca od alle Poste, scrivendo in chiaro i dati identificativi del nuovo portatore e la data del trasferimento. Il decreto sottolinea che sia le banche, sia le Poste sono tenute a dare ampia informazione di queste nuove regole per i libretti al portatore. Per quanto riguarda i contanti, invece, dal 30 aprile di quest’anno si potrà trasferire al massimo una somma di 5.000 Euro, contro i 12.500 permessi sino ad ora, tramite banche, istituti di moneta elettronica o le Poste; ma tale limite si riduce a soli 2.000 Euro in caso il denaro contante venga trasferito tramite quegli operatori che svolgono attività di pagamento nella forma dell'incasso e trasferimento dei fondi, cioè i “money transfers”. L’articolo 50 del decreto legislativo, infine, vieta tassativamente l'apertura in qualunque forma di conti o libretti di risparmio in modo anonimo o con intestazione fittizia, anche presso Stati esteri. Queste nuove regole rappresentano solo una parte del lungo ed articolato Dlgs n. 231/2007, che sancisce tra le altre cose la nascita presso la Banca d'Italia dell'Unità di informazione finanziaria per l'Italia (UIF), per svolgere compiti di controllo dei flussi di danaro, prescrive obblighi precisi sul controllo dei clienti per chi gestisce le case da gioco (come ad esempio la verifica dell’identità quando si cambiamo “fiches” per più di 2.000 Euro) e prevede l’obbligo di tenere un archivio unico informatico in cui conservare, in modo accentrato, tutte le informazioni acquisite attraverso le previste operazioni di identificazione e registrazione.

Cassazione: E' reato la coltivazione domestica di Cannabis

Ancora una volta la Corte di Cassazione viene chiamata a pronunciarsi in merito alla coltivazione domestica della Cannabis. La Cassazione sembra aver adottato una linea dura stabilendo che è reato coltivarne anche una sola piantina. Questa volta la pronuncia è delle Sezioni Unite Penali che hanno condannato un giovane a 4 mesi di reclusione e ad una multa di 1000 euro chiarendo che anche la coltivazione domestica di una sola piantina di cannabis è perseguibile penalmente. La Corte ha così risolto un conflitto giurisprudenziale che aveva dato luogo a sentenze in cui le sezioni di piazza Cavour erano risultate divise sul considerare o meno reato la coltivazione domestica di poche piantine di cannabis. La Corte non ha considerato neppure le richieste della pubblica accusa che invece aveva chiesto di dare il via libera alla coltivazione di poche piantine. Le sezioni unite hanno anche chiarito che "costituisce condotta penalmente rilevante qualsiasi attivita' di coltivazione non autorizzata". Il conflitto giurisprudenziale si era creato a proposito del fatto che "la condotta di coltivazione di piante, dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti, sia penalmente rilevante anche quando sia realizzata per destinazione del prodotto a uso personale".

lunedì 28 aprile 2008

Sms indesiderati? Ne bastano una manciata per finire alla sbarra

Non importa se "il numero dei messaggi è limitato''.
Lo sancisce la Cassazione, rendendo definitiva la condanna per molestie nei confronti di un 38enne di Pescara colpevole di avere inviato cinque messaggini di contenuto ingiurioso all'ex moglie

Gli sms indesiderati? Ne possono bastare una manciata per finire alla sbarra. Parola di Cassazione che ha reso definitiva la condanna per molestie nei confronti di un 38enne di Pescara, Luigi D.F., colpevole di avere inviato cinque messaggini di contenuto ingiurioso alla ex moglie. Per la Suprema Corte, che ha dichiarato inammissibile il ricorso del marito, non importa se "il numero dei messaggi è limitato" e nemmeno può costituire attenuante il fatto che i messaggi siano stati mandati "in orari diurni". Ne bastano appunto una manciata per finire a processo e rimediare una condanna in base all'art. 660 del c.p.. Luigi era già stato condannato dal Tribunale di Pescara, nel novembre del 2006 a 200 euro (pena condonata) per il reato di molestie. Inutilmente ha fatto ricorso agli 'Ermellini' di piazza Cavour sostenendo, a sua discolpa, che si era trattato di pochi sms e che quindi non potevano avere prodotto danni morali. La Prima sezione penale (con la sentenza 16692) ha bocciato il ricorso di Luigi D.F., ribadendo la "offensività della molestia" come pure il "danno morale arrecato alla vittima".

sabato 26 aprile 2008

BONUS INCAPIENTI, per soggetti passivi irpef con imposta netta pari a zero, nell'anno d'imposta 2006

GUIDA BONUS INCAPIENTI

LE MODALITA’ DI EROGAZIONE
Con la definitiva approvazione da parte del Senato del decreto legge n. 159 del 1° ottobre
2007, è stato, fra l’altro, stabilito che una quota parte (1.900 milioni) delle risorse
provenienti dal recupero dell’evasione fiscale venga destinata a sostegno dei contribuenti
a basso reddito.
Più precisamente è stato previsto che ai soggetti passivi Irpef con un imposta netta pari a
zero nel 2006, venga erogata una somma pari a 150 euro.
Ai predetti soggetti è inoltre attribuita una ulteriore somma pari a 150 euro per ciascun
familiare a carico.
Pertanto, la misura di sostegno non spetta a coloro che nell’anno 2006 risultano
fiscalmente a carico di altri soggetti.
In ogni caso, sono esclusi dal beneficio coloro che nel 2006 hanno avuto un reddito
superiore a 50mila euro.
Sulla Gazzetta Ufficiale del 29 novembre 2007 è stato ora pubblicato il decreto del
Ministero dell’Economia e delle Finanze dell’8 novembre 2007 nel quale vengono
stabilite le procedure per l’erogazione del bonus che di seguito si riepilogano.

A CHI SPETTA IL BONUS
I beneficiari del bonus di 150 euro sono i soggetti passivi Irpef residenti in Italia per i
quali, nell’anno 2006, l’ imposta netta è risultata pari a zero ed alla formazione del
reddito complessivo hanno concorso uno o più dei seguenti redditi:
a) lavoro dipendente ed assimilati a quelli di lavoro dipendente;
b) pensione;
c) lavoro autonomo (redditi d’impresa e di impresa minore anche se conseguiti in forma
di partecipazione);
d) redditi derivanti da attività commerciali o di lavoro autonomo non esercitate
abitualmente.
Si rammenta che l’imposta netta è quella dovuta dopo aver scomputato dall’imposta lorda
le detrazioni d’imposta cui ciascun contribuente ha diritto1.

LE MODALITA’ DI EROGAZIONE
1 - Titolari di redditi da lavoro dipendente e assimilati:
a) se nel mese di dicembre 2007questi soggetti prestano l’attività lavorativa presso lo
stesso datore di lavoro del 2006, il bonus viene attribuito in via automatica, salvo
espressa rinuncia del beneficiario, dal sostituto d’imposta nel mese di dicembre 2007.
2 - Titolari di redditi da pensione
Anche a questi soggetti il bonus è attribuito in via automatica dal sostituto d’imposta
(ente previdenziale) nel mese di dicembre 2007.
3 – Soggetti che hanno cambiato datore di lavoro
I soggetti che nel mese di dicembre 2007 percepiscono redditi da lavoro dipendente e
assimilati e da pensione da un sostituto d’imposta diverso da quello del 2006, possono
richiedere l’erogazione del beneficio al datore di lavoro o ente previdenziale che
corrisponde i redditi per il mese di dicembre 2007 attestando per iscritto:
1 Rigo 22 prospetto di liquidazione del modello 730 redditi 2006;
Punto 5, parte B modello CUD redditi 2006;
Rigo RN17 modello unico persone fiche redditi 2006 oppure RN18 per chi ha applicato la clausola di
salvaguardia
a) che l’imposta netta nel 2006 è stata pari a zero;
b) che hanno presentato la dichiarazione dei redditi ovvero che sono stati esonerati da tale
adempimento;
c) i dati anagrafici e il codice fiscale di ciascuno dei familiari a carico;
d) la percentuale di spettanza delle deduzioni per i familiari a carico .
Analoga modalità si applica per coloro che nel 2006 hanno percepito redditi di lavoro
dipendente da un soggetto non obbligato a effettuare le ritenute, a patto che, al dicembre
2007, abbiano un sostituto d’imposta.

4 - Limiti del rimborso automatico del bonus
Il sostituto d’imposta attribuisce il bonus spettante solo se il monte ore disponibile nel
mese di dicembre 2007 è sufficiente a garantire il beneficio medesimo per tutti i soggetti,
ovvero solo se il monte ritenute disponibile nel mese di erogazione del beneficio
tributario è sufficiente a garantire il beneficio medesimo per tutti i soggetti indicati che ne
hanno fatto richiesta.
Di conseguenza ci potrà essere chi, pur avendo diritto al bonus, non se lo vede assegnato
ma dovrà richiederlo in sede di dichiarazione dei redditi 2007, se a ciò obbligato, ovvero
fare una apposita istanza all’Agenzia delle Entrate.
Non tutti gli aventi diritto avranno pertanto il beneficio nello stesso momento.

5 - Richiesta in sede dichiarazione
In tutti i casi in cui il contribuente ha svolto la sua attività per un soggetto che non è
sostituto d’imposta (ad esempio colf o badante il cui datore di lavoro è un privato che non
riveste la qualifica di sostituto d’imposta), il bonus può essere richiesto in sede di
presentazione della dichiarazione dei redditi relativi al periodo d’imposta 2007.

6 – Istanza all’Agenzia delle Entrate
I soggetti esonerati dall’obbligo di presentazione della dichiarazione possono richiedere il
beneficio presentando una istanza all’Agenzia delle Entrate, su un apposito modulo che
verrà predisposto dall’ agenzia medesima.

7 – Restituzione del bonus non spettante
I soggetti che hanno percepito il beneficio non avendone diritto in tutto o in parte, sono
tenuti ad evidenziare nella dichiarazione dei redditi l’importo non spettante, nel mentre
quelli esonerati dalla dichiarazione debbono effettuare la restituzione attraverso il
modello F24.

BONUS FISCALE PER CHI ASSUME NELLE AREE SVANTAGGIATE CON CONTRATTO DI LAVORO A TEMPO INDETERMINATO TRA IL I° GENNAIO 2008 E IL 31 DICEMBRE 2008.

E' quanto contenuto nel Decreto del Ministero dell'Economia firmato il 12 marzo 2008 dal Vice-ministro Vincenzo Visco e pubblicato in Gazzetta Ufficiale 10 aprile 2008, n. 85.

In particolare, il provvedimento riguarda quelle aree di Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna, Abruzzo e Molise cui spettano aiuti di Stato per finalità regionale e prevede un contributo di 333 euro mensili - da utilizzare quale credito d'imposta - per ogni lavoratore assunto in più rispetto ai dipendenti mediamente occupati l'anno precedente (2007).

Per le assunzioni di donne lavoratrici rientranti nella condizione di 'lavoratore svantaggiato' il credito d'imposta è di 416 euro, sempre per ciascuna unità in più rispetto alla media degli occupati nell'anno 2007.



MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE, DECRETO 12 marzo 2008

Modalita' di attuazione dei commi, da 539 a 547 dell'articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, concernenti la disciplina del credito d'imposta per le nuove assunzioni effettuate in talune aree ammissibili alle deroghe previste dall'articolo 87, paragrafo 3, lettere a) e c) del Trattato CE.

(GU n. 85 del 10-4-2008)

IL VICE MINISTRO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE

Visto l'art. 2, commi da 539 a 547, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, che prevede, per gli anni 2008, 2009 e 2010, la concessione di un credito d'imposta a favore dei datori di lavoro che, nel corso del periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2008, incrementano, nelle aree delle regioni Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna, Abruzzo e Molise ammissibili alle deroghe previste dall'art. 87, paragrafo 3, lettere a) e c), del Trattato CE, il numero di lavoratori dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato;

Visto, in particolare, il comma 547 del citato art. 2 della legge n. 244 del 2007, il quale prevede che con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze siano stabilite le disposizioni di attuazione dei commi da 539 a 547, anche ai fini del controllo del rispetto del limite di stanziamento di cui al medesimo comma 547;

Visto l'art. 37-bis, comma 2, lettere a) e b), del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, che modifica il citato comma 539 dell'art. 2 della legge finanziaria 2008 e abroga il comma 548 dello stesso articolo;

Visti gli articoli 87 e 88 del Trattato istitutivo della Comunita' europea;

Visto il Regolamento (CE) n. 2204/2002 della Commissione del 5 dicembre 2002, relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato CE agli aiuti di Stato a favore dell'occupazione, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale delle Comunita' europee L 337 del 13 dicembre 2002;

Visto l'art. 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, recante norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, nonche' di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 7 giugno 2006, con l'unita delega di funzioni, registrato alla Corte dei conti il 13 giugno 2006 - Ministeri istituzionali, Presidenza del Consiglio dei Ministri, registro n. 7, foglio n. 397, concernente l'attribuzione all'on. prof. Vincenzo Visco del titolo di Vice Ministro presso il Ministero dell'economia e delle finanze;

Decreta:

Art. 1.

Ambito di applicazione

1. Il presente decreto contiene le modalita' di attuazione dei commi da 539 a 547 dell'art. 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, concernenti la disciplina del credito d'imposta per le nuove assunzioni effettuate dai datori di lavoro nell'anno 2008 in alcune regioni del territorio nazionale, nel rispetto dei limiti e delle condizioni previste dal Regolamento (CE) n. 2204/2002 della Commissione del 5 dicembre 2002, relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato CE agli aiuti di Stato a favore dell'occupazione, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale L 337 del 13 dicembre 2002.

Art. 2.

Soggetti beneficiari

1. Beneficiari del credito d'imposta sono tutti i soggetti che, nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2008 e il 31 dicembre 2008, in qualita' di datori di lavoro, in base alla vigente normativa sul lavoro, incrementano il numero dei lavoratori a tempo indeterminato nelle aree delle regioni Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna, Abruzzo e Molise ammissibili alle deroghe previste dall'art. 87, paragrafo 3, lettere a) e c), del Trattato CE.

2. Sono esclusi dall'applicazione della disciplina del credito d'imposta i soggetti di cui all'art. 74 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

Art. 3.

Incremento della base occupazionale

1. Danno diritto al credito d'imposta le assunzioni di lavoratori dipendenti a tempo indeterminato che costituiscono incremento del numero di lavoratori dipendenti a tempo indeterminato mediamente occupati nelle medesime aree delle regioni di cui al comma 1 dell'art. 2 nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2007 e il 31 dicembre 2007.

2. L'incremento del numero dei lavoratori dipendenti a tempo indeterminato, rispetto alla media dell'anno 2007, va verificato, sia rispetto al numero dei lavoratori dipendenti a tempo indeterminato impiegati nello stabilimento, nell'ufficio o nella sede presso cui il nuovo lavoratore e' impiegato, sia rispetto al numero dei lavoratori a tempo indeterminato complessivamente impiegati dal datore di lavoro.

3. L'incremento della base occupazionale va considerato al netto dei decrementi occupazionali verificatisi in societa' controllate o collegate ai sensi dell'art. 2359 del codice civile o facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto.

4. Per i soggetti che assumono la qualifica di datori di lavoro a decorrere dal 1° gennaio 2008, ogni lavoratore dipendente assunto a tempo indeterminato costituisce incremento della base occupazionale.

5. I lavoratori dipendenti con contratto di lavoro a tempo parziale rilevano per il calcolo della base occupazionale in misura proporzionale alle ore prestate rispetto a quelle del contratto nazionale.

6. Agli effetti del credito d'imposta, i soci lavoratori di societa' cooperative sono equiparati ai lavoratori dipendenti.

Art. 4.

Misura e limiti di fruizione del credito d'imposta

1. Il credito d'imposta, di importo pari a 333 euro mensili per ciascun lavoratore assunto, aumentati a 416 euro in caso di lavoratrici donne rientranti nella definizione di «lavoratore svantaggiato» di cui all'art. 2, lettera f), punto xi), del regolamento (CE) n. 2204/2002, e' concesso, in ogni caso, nel rispetto dei massimali di intensita' di aiuto previsti dal predetto regolamento.

2. Il credito d'imposta spetta per ogni unita' lavorativa risultante dalla differenza tra il numero dei lavoratori a tempo indeterminato rilevato in ciascun mese e il numero dei lavoratori a tempo indeterminato mediamente occupati nel periodo di riferimento di cui al comma 1 dell'art. 3.

3. Per le assunzioni di lavoratori a tempo indeterminato con contratto di lavoro a tempo parziale, il credito d'imposta spetta in misura proporzionale alle ore prestate rispetto a quelle del contratto nazionale.

Art. 5.

Condizioni di ammissibilita'

1. Il credito d'imposta spetta a condizione che:

a) i lavoratori assunti per coprire i nuovi posti di lavoro creati non abbiano mai lavorato prima o abbiano perso o siano in procinto di perdere l'impiego precedente o siano portatori di handicap ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, o siano lavoratrici donne rientranti nella definizione di lavoratore svantaggiato di cui all'art. 2, lettera f), punto xi), del regolamento (CE) n. 2204/2002 della Commissione;

b) siano rispettate le prescrizioni dei contratti collettivi nazionali, anche con riferimento alle unita' lavorative che non danno diritto all'agevolazione;

c) siano rispettate le norme in materia di salute e sicurezza di lavoratori previste dalle vigenti disposizioni;

d) il datore di lavoro non abbia ridotto la base occupazionale nel periodo dal 1° novembre 2007 al 31 dicembre 2007, per motivi diversi dai raggiunti limiti di eta' pensionabile, dal collocamento a riposo e dalle dimissioni volontarie o del licenziamento per giusta causa.

2. Nel caso di impresa subentrante ad altra nella gestione, comunque assegnata, di un servizio pubblico anche gestito da privati, il credito d'imposta spetta limitatamente al numero di lavoratori assunti in piu' rispetto a quello dell'impresa sostituita.

Art. 6.

Modalita' di accesso e di fruizione del credito d'imposta

1. Per fruire del credito d'imposta, i soggetti beneficiari inoltrano al Centro operativo di Pescara dell'Agenzia delle entrate, a partire dal primo giorno del mese successivo a quello in cui si verificano gli incrementi occupazionali e non oltre il 31 gennaio 2009, un'istanza telematica contenente i dati stabiliti con provvedimento del direttore della medesima Agenzia da emanare entro trenta giorni dalla data di pubblicazione del presente decreto. Per le assunzioni agevolabili effettuate a decorrere dal 1° gennaio 2008 fino al mese precedente a quello di attivazione della procedura telematica, i soggetti beneficiari inviano le istanze di attribuzione del credito a partire dalla data di attivazione della stessa procedura. In caso di ulteriori incrementi occupazionali, il soggetto beneficiario provvede alla presentazione di successive istanze.

2. L'Agenzia delle entrate:

a) esamina le istanze secondo l'ordine cronologico di presentazione, verificandone, sulla base dei dati in essa indicati, l'ammissibilita' in ordine al rispetto dei requisiti previsti dalla norma;

b) entro trenta giorni dalla data di presentazione dell'istanza medesima, ne comunica l'accoglimento nei limiti dello stanziamento dei fondi disponibili per ciascun anno, con espressa comunicazione telematica al soggetto interessato.

3. La data dell'accertato esaurimento dei fondi e' resa con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate da pubblicarsi sul sito internet della stessa Agenzia.

4. I soggetti che hanno ricevuto la comunicazione telematica attestante l'accoglimento dell'istanza sono tenuti ad inviare all'Agenzia delle entrate, dal 1° febbraio al 31 marzo di ciascuno degli anni 2009, 2010 e 2011, una comunicazione attestante il rispetto della condizione di cui all'art. 7, comma 1, lettera a), del presente decreto. Con la stessa comunicazione, inoltre, deve essere data indicazione del minor credito eventualmente spettante in relazione all'anno precedente ovvero all'anno in corso. La comunicazione costituisce presupposto per fruire della quota di credito, gia' prenotata, relativa all'anno nel quale la stessa deve essere presentata. Il mancato invio della comunicazione comporta l'applicazione dell'art. 7, comma 2, del presente decreto.

5. I soggetti non ammessi al beneficio per esaurimento dei fondi stanziati possono presentare dal 1° aprile al 20 aprile di ciascuno degli anni 2009 e 2010 una nuova istanza telematica. L'importo del credito richiesto con le nuove istanze puo' essere al massimo pari a quello richiesto nell'istanza originaria. Le nuove istanze sono ammesse al beneficio secondo l'ordine cronologico di presentazione di quelle originarie e nei limiti delle risorse divenute disponibili a seguito di: rinunce al credito richiesto; mancato invio della comunicazione di cui al comma 4; indicazione nella comunicazione presentata di minori crediti spettanti.

6. La comunicazione di cui al comma 4 e l'istanza di cui al comma 5 sono approvate con apposito provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate.

7. Il credito d'imposta e' utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell'art. 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, a partire dal primo giorno successivo a quello di accoglimento dell'istanza ed e' indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta per il quale e' concesso.

8. Il credito d'imposta non concorre alla formazione del reddito e del valore della produzione ai fini dell'imposta regionale delle attivita' produttive e non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

Art. 7.

Cause di decadenza

1. Il diritto al credito d'imposta decade:

a) se, su base annuale, il numero complessivo dei lavoratori dipendenti, a tempo indeterminato e a tempo determinato, compresi i lavoratori con contratti di lavoro con contenuto formativo, risulta inferiore o pari al numero complessivo dei lavoratori dipendenti mediamente occupati nel periodo di riferimento di cui al comma 1 dell'art. 3;

b) se i posti di lavoro creati non sono conservati per un periodo minimo di due anni nel caso delle piccole e medie imprese, ovvero di tre anni, per le altre imprese;

c) in caso di accertamento definitivo di violazioni non formali, per le quali sono state irrogate sanzioni di importo non inferiore a euro 5.000, alla normativa fiscale e contributiva in materia di lavoro dipendente, ovvero violazioni alla normativa sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori previste dalle vigenti disposizioni, commesse negli anni 2008, 2009, 2010, e qualora siano emanati provvedimenti definitivi della magistratura contro il datore di lavoro per condotta antisindacale ai sensi dell'art. 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300.

2. Nei casi di cui alla lettera a), la decadenza opera a partire dall'anno successivo a quello di rilevazione della differenza prevista nella medesima lettera a).

3. Nei casi di cui alle lettere b) e c), la decadenza dal beneficio comporta il divieto di fruizione del credito d'imposta gia' maturato sino alla data in cui si verifica la decadenza nonche' l'eventuale recupero del credito d'imposta gia' utilizzato in precedenza, con l'applicazione delle relative sanzioni e interessi.

Art. 8.

Divieto di cumulo

1. Il credito d'imposta non e' cumulabile con altri aiuti di stato ai sensi dell'art. 87, paragrafo 1, del Trattato, ne' con altre misure di sostegno comunitario in relazione agli stessi costi salariali afferenti alle unita' lavorative che danno diritto alla fruizione dell'agevolazione, nei casi in cui tale cumulo darebbe luogo ad un'intensita' di aiuto superiore al livello consentito, di cui al comma 1 dell'art. 4 del presente decreto, ne' con altri aiuti a finalita' regionale sotto forma di aiuti all'occupazione legati all'investimento qualora l'aiuto all'investimento sia calcolato sulla base dei costi di investimento materiali e immateriali. Si applicano in ogni caso le disposizioni dell'art. 8 del regolamento (CE) n. 2204/2002 della Commissione.

2. L'eventuale cumulo illegittimo e' sanzionato con il recupero dell'aiuto fruito e con l'irrogazione delle sanzioni previste dalla legge.

Art. 9.

Verifica, controlli e monitoraggio

1. Qualora sia accertata l'indebita fruizione, anche parziale, del credito d'imposta, per il mancato rispetto delle condizioni previste o per il verificarsi di cause di decadenza, l'Agenzia delle entrate provvede al recupero del relativo importo, maggiorato di interessi e sanzioni secondo legge. Il recupero del credito d'imposta e' effettuato secondo le disposizioni previste dall'art. 1, commi da 421 a 423, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, per quanto non disciplinato si applicano le disposizioni in materia di imposte sui redditi.

Il presente decreto sara' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

Roma, 12 marzo 2008

Il Vice Ministro: Visco

Registrato alla Corte dei conti il 31 marzo 2008

Ufficio controllo atti Ministeri economico-finanziari, registro n. 1 Economia e finanze, foglio n. 399