lunedì 23 giugno 2008

Co.co.pro, state attenti ai rinnovi

Circolare del ministero per gli ispettori: se il progetto è identico c'è un forte indizio di subordinazione. Poco compatibili baristi, facchini e commesse. Ma il contratto «atipico» resta confermato .

Il ministero del lavoro è tornato sulla questione cocoprò, uno dei temi «caldi» che ha caratterizzato l'ultimo governo, soprattutto dopo la circolare del 2006 sui call center e l'ispezione in Atesia. Non è intervenuta la cancellazione del contratto ambiguo per eccellenza e dove si annida quasi sempre una forma di sfruttamento, ma in base al recente Protocollo sul welfare si è deciso di dare una stretta sui possibili abusi. Il 29 gennaio il ministero ha dunque emesso la Circolare numero 4, indirizzata agli ispettori del lavoro, che intende però fare anche da «monito» e da indicazione per i datori di lavoro (gli ispettori, per quanto numerosi, non potranno mai battere a tappeto i sei milioni di imprese italiane). Ma attenzione: non si tratta di una legge, è un regolamento su come effettuare le ispezioni.
Salta all'occhio u n elenco contenuto alla fine della circolare, che riporta «quelle attività che l'esperienza ispettiva ha ritenuto difficilmente compatibili, nel concreto, con il regime di autonomia che deve caratterizzare» il lavoro a progetto. Eccole: addetti alla distribuzione di bollette o alla consegna di giornali, riviste ed elenchi telefonici; addetti alle agenzie ippiche; addetti alle pulizie; autisti e autotrasportatori; babysitter e badanti; baristi e camerieri; commessi e addetti alle vendite; custodi e portieri; estetiste e parrucchieri; facchini; istruttori di autoscuola; letturisti di contatori; manutentori; muratori e qualifiche operaie dell'edilizia; piloti e assistenti di volo; prestatori di manodopera nel settore agricolo; addetti alle attività di segreteria e terminalisti.Attenzione: non è escluso il lavoro a progetto per i tipi suddetti, ma si invita l'ispettore a porre cura nel verificare il contratto, sollecitandolo a «ricondurre dette fattispecie al lavoro subordinato in caso che non soddisfino i requisiti di autonomia».
Ed ecco dunque i criteri per stabilire se c'è un eventuale abuso. Innanzitutto il contratto deve essere formalizzato per iscritto: in mancanza, l'ispettore lo ricondurrà al lavoro subordinato. Inoltre, le mansioni svolte «non possono totalmente coincidere con l'attività principale o accessoria d'impresa come risultante dall'oggetto sociale». Le forme del coordinamento cui il lavoratore è sottoposto devono poi «essere espressamente individuate nell'accordo contrattuale».Quanto al contenuto, si specifica che «una prestazione elementare, ripetitiva e predeterminata è assai difficilmente compatibile» con il lavoro a progetto; al lavoratore, «fermo restando il collegamento con la struttura organizzativa del committente, deve residuare una autonomia di scelta sulle modalità esecutive», e non deve esserci «un serrato controllo da parte del committente, esercitato direttamente o per interposta persona»; «devono essere del tutto assenti manifestazioni di un potere disciplinare, anche in forma sanzionatoria».Il lavoro a progetto, indica il ministero, è caratterizzato da un «risultato predeterminato definito dalle parti al momento della stipulazione del contratto, e tale risultato non può essere cambiato successivamente dal committente in modo unilaterale». Infine, «la proroga ingiustificata e il rinnovo per un progetto identico al precedente, costituiscono elementi indiziari particolarmente incisivi».E' ovvio che se si sono segnalati diversi mestieri «a rischio» e posta tanta attenzione nello spaccare il capello, significa che gli ispettori hanno incontrato diversi casi in cui le imprese applicavano il progetto ad attività improbabili. Ma è chiaro che gli imprenditori, per quanti controlli si facciano, utilizzeranno sempre un contratto che può arrivare a costare la metà del lavoro dipendente e che permette il licenziamento senza giusta causa. Una contraddizione che il ministro Damiano, come lo stesso Pd e la sinistra «radicale», da ultime Cgil, Cisl e Uil, non hanno voluto affrontare, siglando un Protocollo che ha confermato questa forma di sfruttamento. La circolare appare dunque solo come un «panicello» per i pochi fortunati che vedranno un ispettore piombare nella propria impresa. (tratto da Il Manifesto del 1 febbraio 2008)

venerdì 20 giugno 2008

Vietato scaricare files personali dalla rete del Comune

I dipendenti pubblici che utilizzano internet per motivi estranei al lavoro rischiano la sospensione.
(Cassazione 20326/2008)

I dipendenti pubblici che navigano troppo sul web e utilizzano la rete per scaricare materiale non legato al proprio lavoro commettono il reato di peculato e rischiano la sospensione dal servizio. Lo ha stabilito la Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione che ha accolto il ricorso della Procura di Bari contro la revoca della sospensione dall’esercizio di pubblico servizio di un dipendente del Comune di Trani. L’impiegato era stato sorpreso a servirsi del computer dell’ufficio, al quale era collegato un masterizzatore dvd, per uso personale usufruendo della rete informatica del Comune. Come ricostruito dai giudici, infatti, il dipendente comunale navigava in internet su siti non istituzionali, scaricando su archivi personali dati ed immagini non inerenti alla pubblica funzione, prevalentemente materiale di carattere pornografico, con danno economico per l’ente pubblico. Indagato per peculato, l’impiegato era stato prima sospeso dal Tribunale di Trani e successivamente riammesso dal Tribunale di Bari, che aveva stabilito che “il reato di peculato tutela il patrimonio della P.A. e che lo stesso non poteva essere depauperato a seguito dei collegamenti in questione di un computer comunque e sempre collegato alla rete elettrica e telefonica indipendentemente dall'uso e dalla navigazione”, ritenendo, con particolare riferimento al collegamento alla rete elettrica, che non si fosse indicato il danno patrimoniale, atteso che “i computers sono sempre collegati alla rete elettrica, né può ritenersi ulteriore consumo di energia elettrica per il fatto che a un computer siano collegate una o più periferiche”. Contro tale decisione la Procura di Bari aveva proposto ricorso in Cassazione. La Suprema Corte, accogliendo il ricorso, ha disposto un nuovo processo per l’imputato, ricordando che “l’art. 314 del codice penale, oltre a tutelare il patrimonio della pubblica amministrazione, mira ad assicurare anche il corretto andamento degli uffici della stessa basato su un rapporto di fiducia e di lealtà col personale dipendente”, per cui la vicenda deve essere riesaminata in quanto il Tribunale del riesame dà per scontato un dato che non emerge affatto dagli atti, cioè che il computer fosse perennemente collegato alla rete elettrica e telefonica in modo da comportare costi fissi per la pubblica amministrazione indipendente dalla navigazione in internet. Il Tribunale dovrà inoltre motivare se sussista un pericolo di reiterazione del reato, tenuto conto del fatto che sono stati trovati sull'apparecchio in questione e sul disco esterno ben 10.000 files, di cui solo una modestissima parte di natura attinente alle funzioni esercitate.

Nasce il reato di molestie reiterate o stalking

Il disegno di legge dovrà ora essere esaminato dalle Camere
(Schema ddl Cdm 18.6.2008)

Il disegno di legge propone di introdurre nel nostro ordinamento il reato cosiddetto dello “stalking”, cioè di molestie reiterate e insistenti. È stato con il Consiglio dei Ministri del 18 giugno 2008, che il governo ha approvato il ddl recante misure contro gli atti persecutori, proposto dal Ministro per le pari opportunità, Mara Carfagna. Con questo provvedimento chiunque commetta atti persecutori, il cosiddetto “stalking” appunto, sarà punito dalla legge con pene fino a quattro anni di reclusione. Si prevede l’ergastolo se lo stalker arriva a uccidere la propria vittima. La vittima per difendersi può presentare querela. Ma prima della querela può richiedere al questore un provvedimento di ammonimento orale nei confronti del persecutore. Si introducono delle aggravanti se il fatto è commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato o da persona legata alla vittima da una relazione affettiva. La pena è aumentata fino alla metà e si procede d’ufficio se il fatto è commesso ai danni di un minore, se ricorrono le aggravanti di aver agito con la minaccia delle armi, con più persone, con scritti anonimi o se lo stalker è già stato ammonito oralmente dal questore. E’ previsto anche il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, dai suoi congiunti, dai suoi conviventi o legati da una relazione affettiva. Il provvedimento dovrà ora andare all’esame delle Camere.

giovedì 19 giugno 2008

Conviventi maltrattate tutelate come mogli

Il reato di maltrattamenti in famiglia deve essere esteso anche alle conviventi “more uxorio”
(Cassazione 20647/2008)

Il reato di maltrattamenti in famiglia si configura anche quando è commesso ai danni di persona convivente “more uxorio”, in quanto le donne che convivono stabilmente con il partner hanno diritto alla stessa tutela prevista dal codice penale per le mogli. Lo ha stabilito la Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione, che ha confermato la misura della custodia cautelare per un signore di Torre del Greco arrestato in quanto sottoponeva la convivente a continue violenze fisiche e morali. L’imputato, che viveva con la sua compagna da più di dieci anni e dalla quale aveva avuto due figlie, aveva sostenuto che non si potesse parlare di maltrattamenti in famiglia in quanto la donna era una semplice convivente. La Suprema Corte ha invece affermato che, per costante giurisprudenza, “ai fini della configurabilità del reato di maltrattamenti in famiglia non assume alcun rilievo la circostanza che l'azione delittuosa sia commessa ai danni di persona convivente more uxorio”, in quanto il richiamo contenuto nell'art. 572 del codice penale alla “famiglia” deve intendersi riferito “ad ogni consorzio di persone tra le quali, per strette relazioni e consuetudini di vita, siano sorti rapporti di assistenza e solidarietà per un apprezzabile periodo di tempo, ricomprendendo questa nozione anche la famiglia di fatto”. È sufficiente pertanto che si tratti di un rapporto tendenzialmente stabile, sia pure naturale e di fatto, instaurato tra due persone con legami di reciproca assistenza e protezione.

mercoledì 18 giugno 2008

Ultimi chiarimenti sulle esenzioni prima casa dell'Ici

È dei Comuni l'ultima parola sul pagamento dell'Ici sulle case date in comodato ai parenti
(Dipartimento delle Finanze Risoluzione 12/DF 5.6.2008)

È dei Comuni l'ultima parola sul pagamento dell'Ici sulle case date in comodato ai parenti. Questo e molti altri chiarimenti sono venuti il 5 giugno dalla risoluzione 12/DF del Dipartimento delle Finanze a ormai pochi giorni dalla scadenza dell'Inposta comunale sugli immobili. Tra i chiarimenti quello che l'abolizione dell'imposta spetta a tutte le categorie di immobili adibite ad abitazione principale a parte che non si tratti di immobili di lusso. Altro chiarimento importante quello che non serve la residenza ma basta il domicilio: il contribuente può infatti dimostrare che abita in una casa diversa da quella in cui ha la residenza.

martedì 17 giugno 2008

Il secondo mese di vita

Gentili lettori,
a due mesi dalla nascita di questo Blog, abbiamo già avuto 370 visite, si ringraziano tutti coloro che visitano i nostri blog. Continueremo ad informarvi e fare luce su tante questioni spesso ignorate, al solo scopo di divulgare la conocenza e il rispetto dei "diritti" .

Le regole per gli strumenti didattici per i disabili

Testi elettronici e software di supporto
(DPCM 30.4.2008 - GU n. 136 del 12.6.2008 )

Come devono essere le copie su supporto digitale dei testi scolastici e gli strumenti didattici ad uso degli studenti disabili? Innanzi tutto i libri in formato elettronico dovranno includere l’ultima edizione del programma di lettura previsto del ministero per l’innovazione e le tecnologie, oltre che le istruzioni d'uso, con la specifica dell'organizzazione del contenuto del supporto digitale, le modalità di installazione e di utilizzo del materiale fornito. Le caratteristiche logiche e strutturali del libro di testo originale dovranno essere mantenute inalterate nella corrispondente versione elettronica ed il testo dovrà essere presentato in modo linea rizzato, eventualmente suddiviso in blocchi e colonne. I libri dovranno avere, poi, un sommario navigabile per consentire il collegamento diretto ai corrispondenti contenuti e prevedere idonei collegamenti ipertestuali per il ritorno all'indice od ai contenuti alla fine di ciascuna sezione. Pure le note ed i relativi rimandi e riquadri di approfondimento dovranno essere dotati di collegamenti ipertestuali espliciti al punto od all'elemento corrispondente nel testo principale. Inoltre, gli editori dei libri elettronici dovranno evitare di utilizzare immagini od altri elementi grafici per rappresentare contenuti testuali e completare le immagini, i grafici e le tabelle utilizzate a scopo didattico con didascalie esaurienti, equiparabili a quelle che si hanno in cartaceo. Da ultimo, i contenuti del libro di testo o di sue parti, nel rispetto della normativa sul diritto d'autore, dovranno essere esportabili e dovranno essere liberi da protezioni o da altri vincoli che inibiscano o limitino le funzioni di gestione del programma di lettura e la personalizzazione della modalità di visualizzazione (colori del testo e dello sfondo e l'interfacciamento con le tecnologie di assistenza). In secondo luogo, il software didattico, espressamente realizzato per agevolare e favorire i processi di apprendimento ed integrazione dei disabili, deve avere dei requisiti compatibilmente con le proprie particolari finalità educative. Ad esempio, il software didattico, utilizzato dagli studenti della scuola secondaria di secondo grado per saggiarne la preparazione nel corso dell’anno scolastico, dovrà permettere tempi più lunghi per l'effettuazione delle prove. Si dovrà dare ampio spazio alla personalizzazione della didattica, che è alla base del processo di integrazione nella nostra scuola, attraverso strumenti informatici flessibili e quindi adattabili alle particolari esigenze di ciascun alunno. In questo modo a ciascuno sarà data l’opportunità di partecipare alle attività della classe nella maniera più completa possibile, benché con modalità ed eventualmente con obiettivi diversi. In tal senso il software dovrà consentire, oltre al rispetto delle impostazioni generali dell'utente (mantenimento dei valori impostati, con eventuale menù di personalizzazione), anche una precisa regolazione dei tempi di esecuzione, della velocità degli oggetti dinamici e della modifica delle immagini presenti. In quanto al testo, fermo restando che andranno sempre osservate le regole di leggibilità grafica, dovrà essere possibile, sia in fase di lettura sia di scrittura, definire il tipo di carattere, le dimensioni, il colore dei caratteri e dello sfondo, avendo a disposizione anche personalizzazione degli attributi del testo scritto (compreso quello dei bottoni e dei menù tipo, stile, colore del corpo e dello sfondo) e prevedendo la possibilità di scegliere tra una scrittura interamente in maiuscolo e una maiuscolo/minuscolo. Estrema personalizzazione dovrà essere consentita infine per suoni, colori, immagini e livelli di difficoltà. Queste linee guida sono il soggetto del decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri datato 30 aprile 2008 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 12 giugno 2008.

martedì 10 giugno 2008

Segretezza del voto, sono legge le nuove norme

Confermate tutte le disposizioni del decreto legge
(Legge n. 96/2008 - GU n. 128 del 3.6.2008 )

Diventano legge le nuove norme sulla segretezza elettorale. È stato, infatti, convertito il decreto legge n. 49/2008, che prevedeva il divieto di introdurre nelle cabine elettorali telefoni cellulari od altri apparecchi con cui fotografare o riprendere immagini, pena l’arresto da tre a sei mesi ed una multa da 300 a 1.000 Euro. Le disposizioni, applicate per la prima volta durante le scorse elezioni politiche ed amministrative, sono state riportate esattamente, senza alcun cambiamento, nella legge n. 96/2008 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 3 giugno 2008, in vigore dal giorno successivo. Ricordiamo che è compito del presidente dell'ufficio elettorale di sezione invitare l'elettore a depositare telefonini ed apparecchiature per riprese o foto, quando quest’ultimo presenta il documento di identificazione e la tessera elettorale. Il tutto verrà restituito, insieme al documento, dopo che si saranno inserite nelle urne le schede elettorali. Ovviamente queste disposizioni valgono sia per le consultazioni elettorali, sia per quelle referendarie.

mercoledì 4 giugno 2008

Contratti a Progetto: facciamo il punto

A distanza di oltre quattro anni dall’entrata in vigore della ‘Legge Biagi’ (che ha introdotto nel nostro ordinamento il contratto a progetto), è sempre più in crescita il numero dei lavoratori a progetto, mentre sono in calo le assunzioni a tempo indeterminato. L’importanza cruciale del lavoro a progetto nell’attuale Mercato del lavoro è stata sottolineata dal Ministero del Lavoro che, infatti, ha emanato già quattro circolari (l’ultima è la numero 8 del 31 marzo 2008), fornendo chiarimenti e indicazioni operative. Facciamo il punto sui tratti sostanziali del rapporto di lavoro a progetto anche alla luce degli orientamenti giurisprudenziali e dei riscontri degli Ispettori del lavoro, chiamati a vigilare affinché il contratto a progetto non venga utilizzato come strumento per eludere la normativa sul lavoro subordinato. Ai sensi dell’art. 61 del d.lgs. 276/2003 (cosiddetta ‘Legge Biagi’), le collaborazioni coordinate e continuative devono essere riconducibili a uno o più progetti specifici o programmi di lavoro (o fasi di esso). Sono, pertanto, illegittimi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa posti in essere al di fuori di questo schema negoziale tipico, con la conseguenza della trasformazione del rapporto di lavoro a progetto in rapporto subordinato a tempo indeterminato. Ma andiamo con ordine. Il contratto a progetto può essere validamente e legittimamente stipulato per lo svolgimento di un’attività progettuale resa in piena autonomia e sulla base di un mero coordinamento con il committente (nell’ambito del contratto a progetto è più corretto parlare di committente piuttosto che di datore di lavoro). Il contratto a progetto deve tendere al raggiungimento di un risultato predeterminato. La forma scritta del contratto di lavoro a progetto è richiesta soltanto ai fini della prova. In altre parole, essa assume valore decisivo per l’individuazione del progetto o programma di lavoro (o fase di esso). In mancanza di forma scritta, infatti, non sarà facile per il committente dimostrare che la prestazione lavorativa sia riconducibile nell’ambito del contratto (autonomo) a progetto. A tal proposito, nel caso in cui nel contratto manchi totalmente l’indicazione del progetto, il rapporto di lavoro si trasforma automaticamente in lavoro subordinato a tempo indeterminato, a meno che il committente fornisca la prova dell’esistenza di un rapporto di lavoro effettivamente autonomo. Se, invece, il progetto esiste ed è indicato nel contratto, sarà il lavoratore a dovere dimostrare la natura subordinata del rapporto di lavoro e che il progetto, in concreto, non esiste. Il progetto o programma di lavoro (o fase di esso) deve essere specificato ed individuato in modo specifico. Esso può essere funzionalmente correlato all’attività esercitata dall’impresa, ma non può in nessun modo coincidere con essa. Ciò significa che il progetto indicato nel contratto non può limitarsi a descrivere il mero svolgimento dell’attività esercitata dall’impresa né può consistere nella semplice elencazione, seppur analitica, delle mansioni del lavoratore. Se da un lato l’inserimento del collaboratore a progetto nel contesto aziendale non può essere considerato un elemento decisivo per la natura subordinata del rapporto di lavoro, dall’altro è, però, necessario che il collaboratore abbia una autonomia di scelta sulle modalità esecutive di svolgimento della propria prestazione lavorativa. Non si dimentichi, infatti, che il lavoro a progetto ha natura autonoma ed è proprio questo l’elemento che lo differenzia dal rapporto di lavoro subordinato. Deve, dunque, mancare qualsiasi tipo di direzione e controllo, da parte del committente, sull’attività del collaboratore. E’, inoltre, ininfluente il tempo impiegato per l’esecuzione dell’attività lavorativa: ciò che conta è la realizzazione del progetto. Si parla, a tal proposito, di obbligazione di risultato e non di durata. Ecco perché il compenso del collaboratore non può essere legato esclusivamente al tempo della prestazione, così come avviene nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato. La non ingerenza del committente nell’attività lavorativa del collaboratore comporta anche che egli non può e non deve attuare alcun potere disciplinare nei confronti dello stesso. Per quanto riguarda le concrete modalità operative con le quali vengono rese le prestazioni lavorative, va detto che una prestazione ripetitiva e predeterminata è assai difficilmente compatibile con una attività di carattere progettuale. Inoltre, il collaboratore non deve essere utilizzato per una molteplicità di generiche attività estranee al progetto. La sua prestazione non deve in nessun caso risolversi in una mera messa a disposizione di energie lavorative in favore del committente. Per quanto riguarda, infine, la proroga del contratto nel caso in cui il risultato indicato nel progetto non sia stato raggiunto entro la scadenza del contratto, si osserva che la proroga ingiustificata – così come il rinnovo del contratto per un progetto identico al precedente – costituiscono elementi particolarmente incisivi per la prova della subordinazione. Tralasciando, in conclusione, i discorsi su precariato e crisi d’impresa, emerge un dato incontestabile: che il contratto di lavoro a progetto costituisce un vero e proprio fenomeno ed è sempre più diffuso. Il fatto che il contratto a progetto sia visto come un passo ‘obbligato’ verso la tanta aspirata stabilità lavorativa non è sufficiente, a mio parere, a giustificare la scarsa conoscenza della disciplina sostanziale di tale tipologia contrattuale da parte degli stessi lavoratori a progetto che, tra l’altro, sono più qualificati e preparati rispetto agli anni passati.

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Circolare n. 1/2004 del Ministero del Lavoro. Il Ministero fornisce indicazioni sulla disciplina sostanziale del contratto di collaborazione coordinata e continuativa a progetto (co.co.pro.), evidenziando il presupposto fondamentale dell’autonomia della prestazione e le caratteristiche del "progetto, programma di lavoro o fase di esso".

Circolare n. 17/2006 del Ministero del Lavoro. Con riferimento al settore dei call center, il Ministero interviene ad individuare le modalità di corretto utilizzo di tale tipologia contrattuale, descrivendo in modo analitico le forme di svolgimento della prestazione lavorativa.

Circolare n. 4/2008 del Ministero del Lavoro. Il Ministero offre agli organi di vigilanza concrete indicazioni operative per una più incisiva ed uniforme azione ispettiva volta a ricondurre l’utilizzo del contratto a progetto nell’ambito delle finalità individuate dalla legge. Il Ministero, inoltre, fornisce un elenco di alcune particolari attività lavorative che sembrano difficilmente compatibili con la tipologia del contratto a progetto. Eccole:

addetti alla distribuzione di bollette o alla consegna di giornali, riviste ed elenchi telefonici;
addetti alle agenzie ippiche;
addetti alle pulizie;
autisti e autotrasportatori;
babysitter e badanti;
baristi e camerieri;
commessi e addetti alla vendita;
custodi e portieri;
estetiste e parrucchieri;
facchini;
istruttori di autoscuola;
letturisti di contatori;
manutentori;
muratori e qualifiche operaie dell'edilizia;
piloti e assistenti di volo;
prestatori di manodopera nel settore agricolo;
addetti alle attività di segreteria e terminalisti.

Per quanto riguarda le suddette attività lavorative, la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato si presume. Incombe, infatti, sul committente l’onere di provare la riconducibilità del rapporto di lavoro nell’ambito dell’autonomia e, quindi, del rapporto di lavoro a progetto.

Circolare n. 8/2008 del Ministero del Lavoro. Il Ministero fornisce nuove indicazioni sul processo di trasformazione/stabilizzazione dei rapporti di collaborazione in rapporti di lavoro subordinato (D.L. 248/2007 conv. Legge 31/2008).

Gli elementi che identificano un rapporto di lavoro di natura subordinata.
I Giudici del Lavoro intendono la subordinazione come "assoggettamento gerarchico del lavoratore al potere di direzione e controllo del datore di lavoro". La giurisprudenza ha individuato alcuni indici che possono concorrere a dimostrare l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato:

- la sottoposizione del lavoratore al potere disciplinare;
- l’obbligo di eseguire la prestazione nell’orario stabilito dal datore di lavoro;
- la predeterminazione e la continuità ideale della prestazione;
- la periodicità, le caratteristiche e la misura del compenso del lavoratore;
- l’assenza, per il lavoratore, del rischio concernente il risultato finale dell’attività;
- la mancanza di una organizzazione propria del lavoratore che impiega quella del datore;
- l’inserimento strutturale del lavoratore nell’organizzazione produttiva del datore di lavoro.