mercoledì 16 aprile 2008

Palpeggiare la coscia è violenza sessuale

Rischia il carcere chi compie atti sessuali sull’autobus nei confronti di una passeggera
Palpeggiare la coscia è violenza sessuale
(Cassazione 12157/2008)
Palpeggiare la coscia ad una passeggera su un autobus può costare una condanna per violenza sessuale. Lo ha stabilito la Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione che ha confermato la condanna ad un anno, tre mesi e quindici giorni di reclusione per il reato di violenza sessuale inflitta dalla Corte di Appello di Palermo ad un signore di Trapani che, mentre viaggiava sulla corriera Palermo – Trapani, aveva palpeggiato insistentemente la coscia di una ragazza. L’uomo, fingendo di dormire, dopo aver inizialmente premuto la propria gamba contro quella della donna seduta accanto a lui, aveva allungato la mano, traendola da un sacchetto che aveva tra le gambe, e le aveva palpeggiato la coscia. La ragazza aveva immediatamente reagito allontanandosi dal proprio posto e chiamando il fratello al telefono per riferire quanto accaduto. La Corte di Appello di Palermo aveva condannato l’uomo per violenza sessuale, consistita in una “pluralità di atti sessuali”, e contro tale sentenza l’imputato aveva proposto ricorso in Cassazione, chiedendone l’annullamento. La Suprema Corte, respingendo il ricorso e confermando la condanna, ha invece affermato che “la violenza richiesta non è soltanto quella che pone il soggetto passivo nell'impossibilità di opporre tutta la resistenza voluta, tanto da realizzare un vero e proprio costringimento fisico, ma anche quella che si manifesta nel compimento insidiosamente rapido dell'azione criminosa, così venendosi a superare la contraria volontà del soggetto passivo”, e consiste “sia nella violenza fisica in senso stretto, sia nell'intimidazione psicologica che sia in grado di provocare la coazione della vittima a subire gli atti sessuali, sia anche nel compimento di atti di libidine subdoli e repentini, compiuti senza accertarsi del consenso della persona destinataria, o comunque prevenendone la manifestazione di dissenso”; per tale motivo, come correttamente osservato dai giudici di appello, “poco importa che la vittima, subito alzatasi dal posto appena subita la molesta sessuale, abbia evitato di reagire platealmente all'interno del veicolo avendo essa chiesto aiuto, tramite cellulare, al fratello, il quale si recò alla fermata della corriera per rimproverare vivacemente l'imputato che si mostrò remissivo assicurando che il fatto non si sarebbe più ripetuto”. Anche il palpeggiamento è dunque una violenza alla persona in mancanza del consenso.

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