martedì 1 luglio 2008

Chi tradisce in casa perde i beni ricevuti dal coniuge

Un atteggiamento irriguardoso giustifica la revocazione delle donazioni
(Cassazione 14093/2008)

Chi tradisce il coniuge con l’amante nella casa coniugale può perdere tutti i beni e le proprietà che il coniuge gli ha cointestato. Lo ha stabilito la Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione che ha confermato la revocazione per ingratitudine dei beni donati da un signore alla moglie che lo tradiva nella casa coniugale con un giovane partner. L’infedeltà della moglie venne scoperta dal marito più di trenta anni fa, quando la moglie aveva trentasei anni e tradiva il marito con un ventitreenne, incontrandolo nella casa coniugale per diversi anni, fino a quando aveva abbandonato la famiglia per andare a vivere con il nuovo compagno. Per questo la Corte di Appello di Messina le aveva revocato la comproprietà dei beni intestatigli dal marito. La moglie aveva proposto ricorso in Cassazione per chiedere l’annullamento della sentenza. La Suprema Corte, confermando la sentenza di appello, ha sottolineato che appariva giustificata la revocazione delle c.d. “donazioni indirette” per ingratitudine ai sensi dell’art.801 del codice civile (che parla di “ingiuria grave”), in quanto “l'ingiuria grave richiesta dall'art. 801 quale presupposto della revocazione consiste in un comportamento con il quale si rechi all'onore ed al decoro del donante un'offesa suscettibile di ledere gravemente il patrimonio morale della persona, sì da rilevare un sentimento di avversione che manifesti tale ingratitudine verso colui che ha beneficiato l'agente, che ripugna alla coscienza comune”; ciò che costituiva ingiuria grave quindi “non era tanto l'infedeltà coniugale della ricorrente, la quale all'età di trentasei anni, già madre di tre figli, aveva intessuto una relazione con un ventitreenne, protrattasi clandestinamente per vari anni e sfociata nell'abbandono della famiglia per convivere con il nuovo compagno, quanto l'atteggiamento complessivamente adottato, menzognero e irriguardoso verso il marito, all'insaputa del quale la ricorrente si univa con l'amante nell'abitazione coniugale”.

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