lunedì 28 aprile 2008

Sms indesiderati? Ne bastano una manciata per finire alla sbarra

Non importa se "il numero dei messaggi è limitato''.
Lo sancisce la Cassazione, rendendo definitiva la condanna per molestie nei confronti di un 38enne di Pescara colpevole di avere inviato cinque messaggini di contenuto ingiurioso all'ex moglie

Gli sms indesiderati? Ne possono bastare una manciata per finire alla sbarra. Parola di Cassazione che ha reso definitiva la condanna per molestie nei confronti di un 38enne di Pescara, Luigi D.F., colpevole di avere inviato cinque messaggini di contenuto ingiurioso alla ex moglie. Per la Suprema Corte, che ha dichiarato inammissibile il ricorso del marito, non importa se "il numero dei messaggi è limitato" e nemmeno può costituire attenuante il fatto che i messaggi siano stati mandati "in orari diurni". Ne bastano appunto una manciata per finire a processo e rimediare una condanna in base all'art. 660 del c.p.. Luigi era già stato condannato dal Tribunale di Pescara, nel novembre del 2006 a 200 euro (pena condonata) per il reato di molestie. Inutilmente ha fatto ricorso agli 'Ermellini' di piazza Cavour sostenendo, a sua discolpa, che si era trattato di pochi sms e che quindi non potevano avere prodotto danni morali. La Prima sezione penale (con la sentenza 16692) ha bocciato il ricorso di Luigi D.F., ribadendo la "offensività della molestia" come pure il "danno morale arrecato alla vittima".

sabato 26 aprile 2008

BONUS INCAPIENTI, per soggetti passivi irpef con imposta netta pari a zero, nell'anno d'imposta 2006

GUIDA BONUS INCAPIENTI

LE MODALITA’ DI EROGAZIONE
Con la definitiva approvazione da parte del Senato del decreto legge n. 159 del 1° ottobre
2007, è stato, fra l’altro, stabilito che una quota parte (1.900 milioni) delle risorse
provenienti dal recupero dell’evasione fiscale venga destinata a sostegno dei contribuenti
a basso reddito.
Più precisamente è stato previsto che ai soggetti passivi Irpef con un imposta netta pari a
zero nel 2006, venga erogata una somma pari a 150 euro.
Ai predetti soggetti è inoltre attribuita una ulteriore somma pari a 150 euro per ciascun
familiare a carico.
Pertanto, la misura di sostegno non spetta a coloro che nell’anno 2006 risultano
fiscalmente a carico di altri soggetti.
In ogni caso, sono esclusi dal beneficio coloro che nel 2006 hanno avuto un reddito
superiore a 50mila euro.
Sulla Gazzetta Ufficiale del 29 novembre 2007 è stato ora pubblicato il decreto del
Ministero dell’Economia e delle Finanze dell’8 novembre 2007 nel quale vengono
stabilite le procedure per l’erogazione del bonus che di seguito si riepilogano.

A CHI SPETTA IL BONUS
I beneficiari del bonus di 150 euro sono i soggetti passivi Irpef residenti in Italia per i
quali, nell’anno 2006, l’ imposta netta è risultata pari a zero ed alla formazione del
reddito complessivo hanno concorso uno o più dei seguenti redditi:
a) lavoro dipendente ed assimilati a quelli di lavoro dipendente;
b) pensione;
c) lavoro autonomo (redditi d’impresa e di impresa minore anche se conseguiti in forma
di partecipazione);
d) redditi derivanti da attività commerciali o di lavoro autonomo non esercitate
abitualmente.
Si rammenta che l’imposta netta è quella dovuta dopo aver scomputato dall’imposta lorda
le detrazioni d’imposta cui ciascun contribuente ha diritto1.

LE MODALITA’ DI EROGAZIONE
1 - Titolari di redditi da lavoro dipendente e assimilati:
a) se nel mese di dicembre 2007questi soggetti prestano l’attività lavorativa presso lo
stesso datore di lavoro del 2006, il bonus viene attribuito in via automatica, salvo
espressa rinuncia del beneficiario, dal sostituto d’imposta nel mese di dicembre 2007.
2 - Titolari di redditi da pensione
Anche a questi soggetti il bonus è attribuito in via automatica dal sostituto d’imposta
(ente previdenziale) nel mese di dicembre 2007.
3 – Soggetti che hanno cambiato datore di lavoro
I soggetti che nel mese di dicembre 2007 percepiscono redditi da lavoro dipendente e
assimilati e da pensione da un sostituto d’imposta diverso da quello del 2006, possono
richiedere l’erogazione del beneficio al datore di lavoro o ente previdenziale che
corrisponde i redditi per il mese di dicembre 2007 attestando per iscritto:
1 Rigo 22 prospetto di liquidazione del modello 730 redditi 2006;
Punto 5, parte B modello CUD redditi 2006;
Rigo RN17 modello unico persone fiche redditi 2006 oppure RN18 per chi ha applicato la clausola di
salvaguardia
a) che l’imposta netta nel 2006 è stata pari a zero;
b) che hanno presentato la dichiarazione dei redditi ovvero che sono stati esonerati da tale
adempimento;
c) i dati anagrafici e il codice fiscale di ciascuno dei familiari a carico;
d) la percentuale di spettanza delle deduzioni per i familiari a carico .
Analoga modalità si applica per coloro che nel 2006 hanno percepito redditi di lavoro
dipendente da un soggetto non obbligato a effettuare le ritenute, a patto che, al dicembre
2007, abbiano un sostituto d’imposta.

4 - Limiti del rimborso automatico del bonus
Il sostituto d’imposta attribuisce il bonus spettante solo se il monte ore disponibile nel
mese di dicembre 2007 è sufficiente a garantire il beneficio medesimo per tutti i soggetti,
ovvero solo se il monte ritenute disponibile nel mese di erogazione del beneficio
tributario è sufficiente a garantire il beneficio medesimo per tutti i soggetti indicati che ne
hanno fatto richiesta.
Di conseguenza ci potrà essere chi, pur avendo diritto al bonus, non se lo vede assegnato
ma dovrà richiederlo in sede di dichiarazione dei redditi 2007, se a ciò obbligato, ovvero
fare una apposita istanza all’Agenzia delle Entrate.
Non tutti gli aventi diritto avranno pertanto il beneficio nello stesso momento.

5 - Richiesta in sede dichiarazione
In tutti i casi in cui il contribuente ha svolto la sua attività per un soggetto che non è
sostituto d’imposta (ad esempio colf o badante il cui datore di lavoro è un privato che non
riveste la qualifica di sostituto d’imposta), il bonus può essere richiesto in sede di
presentazione della dichiarazione dei redditi relativi al periodo d’imposta 2007.

6 – Istanza all’Agenzia delle Entrate
I soggetti esonerati dall’obbligo di presentazione della dichiarazione possono richiedere il
beneficio presentando una istanza all’Agenzia delle Entrate, su un apposito modulo che
verrà predisposto dall’ agenzia medesima.

7 – Restituzione del bonus non spettante
I soggetti che hanno percepito il beneficio non avendone diritto in tutto o in parte, sono
tenuti ad evidenziare nella dichiarazione dei redditi l’importo non spettante, nel mentre
quelli esonerati dalla dichiarazione debbono effettuare la restituzione attraverso il
modello F24.

BONUS FISCALE PER CHI ASSUME NELLE AREE SVANTAGGIATE CON CONTRATTO DI LAVORO A TEMPO INDETERMINATO TRA IL I° GENNAIO 2008 E IL 31 DICEMBRE 2008.

E' quanto contenuto nel Decreto del Ministero dell'Economia firmato il 12 marzo 2008 dal Vice-ministro Vincenzo Visco e pubblicato in Gazzetta Ufficiale 10 aprile 2008, n. 85.

In particolare, il provvedimento riguarda quelle aree di Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna, Abruzzo e Molise cui spettano aiuti di Stato per finalità regionale e prevede un contributo di 333 euro mensili - da utilizzare quale credito d'imposta - per ogni lavoratore assunto in più rispetto ai dipendenti mediamente occupati l'anno precedente (2007).

Per le assunzioni di donne lavoratrici rientranti nella condizione di 'lavoratore svantaggiato' il credito d'imposta è di 416 euro, sempre per ciascuna unità in più rispetto alla media degli occupati nell'anno 2007.



MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE, DECRETO 12 marzo 2008

Modalita' di attuazione dei commi, da 539 a 547 dell'articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, concernenti la disciplina del credito d'imposta per le nuove assunzioni effettuate in talune aree ammissibili alle deroghe previste dall'articolo 87, paragrafo 3, lettere a) e c) del Trattato CE.

(GU n. 85 del 10-4-2008)

IL VICE MINISTRO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE

Visto l'art. 2, commi da 539 a 547, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, che prevede, per gli anni 2008, 2009 e 2010, la concessione di un credito d'imposta a favore dei datori di lavoro che, nel corso del periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2008, incrementano, nelle aree delle regioni Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna, Abruzzo e Molise ammissibili alle deroghe previste dall'art. 87, paragrafo 3, lettere a) e c), del Trattato CE, il numero di lavoratori dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato;

Visto, in particolare, il comma 547 del citato art. 2 della legge n. 244 del 2007, il quale prevede che con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze siano stabilite le disposizioni di attuazione dei commi da 539 a 547, anche ai fini del controllo del rispetto del limite di stanziamento di cui al medesimo comma 547;

Visto l'art. 37-bis, comma 2, lettere a) e b), del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, che modifica il citato comma 539 dell'art. 2 della legge finanziaria 2008 e abroga il comma 548 dello stesso articolo;

Visti gli articoli 87 e 88 del Trattato istitutivo della Comunita' europea;

Visto il Regolamento (CE) n. 2204/2002 della Commissione del 5 dicembre 2002, relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato CE agli aiuti di Stato a favore dell'occupazione, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale delle Comunita' europee L 337 del 13 dicembre 2002;

Visto l'art. 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, recante norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, nonche' di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 7 giugno 2006, con l'unita delega di funzioni, registrato alla Corte dei conti il 13 giugno 2006 - Ministeri istituzionali, Presidenza del Consiglio dei Ministri, registro n. 7, foglio n. 397, concernente l'attribuzione all'on. prof. Vincenzo Visco del titolo di Vice Ministro presso il Ministero dell'economia e delle finanze;

Decreta:

Art. 1.

Ambito di applicazione

1. Il presente decreto contiene le modalita' di attuazione dei commi da 539 a 547 dell'art. 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, concernenti la disciplina del credito d'imposta per le nuove assunzioni effettuate dai datori di lavoro nell'anno 2008 in alcune regioni del territorio nazionale, nel rispetto dei limiti e delle condizioni previste dal Regolamento (CE) n. 2204/2002 della Commissione del 5 dicembre 2002, relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato CE agli aiuti di Stato a favore dell'occupazione, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale L 337 del 13 dicembre 2002.

Art. 2.

Soggetti beneficiari

1. Beneficiari del credito d'imposta sono tutti i soggetti che, nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2008 e il 31 dicembre 2008, in qualita' di datori di lavoro, in base alla vigente normativa sul lavoro, incrementano il numero dei lavoratori a tempo indeterminato nelle aree delle regioni Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna, Abruzzo e Molise ammissibili alle deroghe previste dall'art. 87, paragrafo 3, lettere a) e c), del Trattato CE.

2. Sono esclusi dall'applicazione della disciplina del credito d'imposta i soggetti di cui all'art. 74 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

Art. 3.

Incremento della base occupazionale

1. Danno diritto al credito d'imposta le assunzioni di lavoratori dipendenti a tempo indeterminato che costituiscono incremento del numero di lavoratori dipendenti a tempo indeterminato mediamente occupati nelle medesime aree delle regioni di cui al comma 1 dell'art. 2 nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2007 e il 31 dicembre 2007.

2. L'incremento del numero dei lavoratori dipendenti a tempo indeterminato, rispetto alla media dell'anno 2007, va verificato, sia rispetto al numero dei lavoratori dipendenti a tempo indeterminato impiegati nello stabilimento, nell'ufficio o nella sede presso cui il nuovo lavoratore e' impiegato, sia rispetto al numero dei lavoratori a tempo indeterminato complessivamente impiegati dal datore di lavoro.

3. L'incremento della base occupazionale va considerato al netto dei decrementi occupazionali verificatisi in societa' controllate o collegate ai sensi dell'art. 2359 del codice civile o facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto.

4. Per i soggetti che assumono la qualifica di datori di lavoro a decorrere dal 1° gennaio 2008, ogni lavoratore dipendente assunto a tempo indeterminato costituisce incremento della base occupazionale.

5. I lavoratori dipendenti con contratto di lavoro a tempo parziale rilevano per il calcolo della base occupazionale in misura proporzionale alle ore prestate rispetto a quelle del contratto nazionale.

6. Agli effetti del credito d'imposta, i soci lavoratori di societa' cooperative sono equiparati ai lavoratori dipendenti.

Art. 4.

Misura e limiti di fruizione del credito d'imposta

1. Il credito d'imposta, di importo pari a 333 euro mensili per ciascun lavoratore assunto, aumentati a 416 euro in caso di lavoratrici donne rientranti nella definizione di «lavoratore svantaggiato» di cui all'art. 2, lettera f), punto xi), del regolamento (CE) n. 2204/2002, e' concesso, in ogni caso, nel rispetto dei massimali di intensita' di aiuto previsti dal predetto regolamento.

2. Il credito d'imposta spetta per ogni unita' lavorativa risultante dalla differenza tra il numero dei lavoratori a tempo indeterminato rilevato in ciascun mese e il numero dei lavoratori a tempo indeterminato mediamente occupati nel periodo di riferimento di cui al comma 1 dell'art. 3.

3. Per le assunzioni di lavoratori a tempo indeterminato con contratto di lavoro a tempo parziale, il credito d'imposta spetta in misura proporzionale alle ore prestate rispetto a quelle del contratto nazionale.

Art. 5.

Condizioni di ammissibilita'

1. Il credito d'imposta spetta a condizione che:

a) i lavoratori assunti per coprire i nuovi posti di lavoro creati non abbiano mai lavorato prima o abbiano perso o siano in procinto di perdere l'impiego precedente o siano portatori di handicap ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, o siano lavoratrici donne rientranti nella definizione di lavoratore svantaggiato di cui all'art. 2, lettera f), punto xi), del regolamento (CE) n. 2204/2002 della Commissione;

b) siano rispettate le prescrizioni dei contratti collettivi nazionali, anche con riferimento alle unita' lavorative che non danno diritto all'agevolazione;

c) siano rispettate le norme in materia di salute e sicurezza di lavoratori previste dalle vigenti disposizioni;

d) il datore di lavoro non abbia ridotto la base occupazionale nel periodo dal 1° novembre 2007 al 31 dicembre 2007, per motivi diversi dai raggiunti limiti di eta' pensionabile, dal collocamento a riposo e dalle dimissioni volontarie o del licenziamento per giusta causa.

2. Nel caso di impresa subentrante ad altra nella gestione, comunque assegnata, di un servizio pubblico anche gestito da privati, il credito d'imposta spetta limitatamente al numero di lavoratori assunti in piu' rispetto a quello dell'impresa sostituita.

Art. 6.

Modalita' di accesso e di fruizione del credito d'imposta

1. Per fruire del credito d'imposta, i soggetti beneficiari inoltrano al Centro operativo di Pescara dell'Agenzia delle entrate, a partire dal primo giorno del mese successivo a quello in cui si verificano gli incrementi occupazionali e non oltre il 31 gennaio 2009, un'istanza telematica contenente i dati stabiliti con provvedimento del direttore della medesima Agenzia da emanare entro trenta giorni dalla data di pubblicazione del presente decreto. Per le assunzioni agevolabili effettuate a decorrere dal 1° gennaio 2008 fino al mese precedente a quello di attivazione della procedura telematica, i soggetti beneficiari inviano le istanze di attribuzione del credito a partire dalla data di attivazione della stessa procedura. In caso di ulteriori incrementi occupazionali, il soggetto beneficiario provvede alla presentazione di successive istanze.

2. L'Agenzia delle entrate:

a) esamina le istanze secondo l'ordine cronologico di presentazione, verificandone, sulla base dei dati in essa indicati, l'ammissibilita' in ordine al rispetto dei requisiti previsti dalla norma;

b) entro trenta giorni dalla data di presentazione dell'istanza medesima, ne comunica l'accoglimento nei limiti dello stanziamento dei fondi disponibili per ciascun anno, con espressa comunicazione telematica al soggetto interessato.

3. La data dell'accertato esaurimento dei fondi e' resa con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate da pubblicarsi sul sito internet della stessa Agenzia.

4. I soggetti che hanno ricevuto la comunicazione telematica attestante l'accoglimento dell'istanza sono tenuti ad inviare all'Agenzia delle entrate, dal 1° febbraio al 31 marzo di ciascuno degli anni 2009, 2010 e 2011, una comunicazione attestante il rispetto della condizione di cui all'art. 7, comma 1, lettera a), del presente decreto. Con la stessa comunicazione, inoltre, deve essere data indicazione del minor credito eventualmente spettante in relazione all'anno precedente ovvero all'anno in corso. La comunicazione costituisce presupposto per fruire della quota di credito, gia' prenotata, relativa all'anno nel quale la stessa deve essere presentata. Il mancato invio della comunicazione comporta l'applicazione dell'art. 7, comma 2, del presente decreto.

5. I soggetti non ammessi al beneficio per esaurimento dei fondi stanziati possono presentare dal 1° aprile al 20 aprile di ciascuno degli anni 2009 e 2010 una nuova istanza telematica. L'importo del credito richiesto con le nuove istanze puo' essere al massimo pari a quello richiesto nell'istanza originaria. Le nuove istanze sono ammesse al beneficio secondo l'ordine cronologico di presentazione di quelle originarie e nei limiti delle risorse divenute disponibili a seguito di: rinunce al credito richiesto; mancato invio della comunicazione di cui al comma 4; indicazione nella comunicazione presentata di minori crediti spettanti.

6. La comunicazione di cui al comma 4 e l'istanza di cui al comma 5 sono approvate con apposito provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate.

7. Il credito d'imposta e' utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell'art. 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, a partire dal primo giorno successivo a quello di accoglimento dell'istanza ed e' indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta per il quale e' concesso.

8. Il credito d'imposta non concorre alla formazione del reddito e del valore della produzione ai fini dell'imposta regionale delle attivita' produttive e non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

Art. 7.

Cause di decadenza

1. Il diritto al credito d'imposta decade:

a) se, su base annuale, il numero complessivo dei lavoratori dipendenti, a tempo indeterminato e a tempo determinato, compresi i lavoratori con contratti di lavoro con contenuto formativo, risulta inferiore o pari al numero complessivo dei lavoratori dipendenti mediamente occupati nel periodo di riferimento di cui al comma 1 dell'art. 3;

b) se i posti di lavoro creati non sono conservati per un periodo minimo di due anni nel caso delle piccole e medie imprese, ovvero di tre anni, per le altre imprese;

c) in caso di accertamento definitivo di violazioni non formali, per le quali sono state irrogate sanzioni di importo non inferiore a euro 5.000, alla normativa fiscale e contributiva in materia di lavoro dipendente, ovvero violazioni alla normativa sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori previste dalle vigenti disposizioni, commesse negli anni 2008, 2009, 2010, e qualora siano emanati provvedimenti definitivi della magistratura contro il datore di lavoro per condotta antisindacale ai sensi dell'art. 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300.

2. Nei casi di cui alla lettera a), la decadenza opera a partire dall'anno successivo a quello di rilevazione della differenza prevista nella medesima lettera a).

3. Nei casi di cui alle lettere b) e c), la decadenza dal beneficio comporta il divieto di fruizione del credito d'imposta gia' maturato sino alla data in cui si verifica la decadenza nonche' l'eventuale recupero del credito d'imposta gia' utilizzato in precedenza, con l'applicazione delle relative sanzioni e interessi.

Art. 8.

Divieto di cumulo

1. Il credito d'imposta non e' cumulabile con altri aiuti di stato ai sensi dell'art. 87, paragrafo 1, del Trattato, ne' con altre misure di sostegno comunitario in relazione agli stessi costi salariali afferenti alle unita' lavorative che danno diritto alla fruizione dell'agevolazione, nei casi in cui tale cumulo darebbe luogo ad un'intensita' di aiuto superiore al livello consentito, di cui al comma 1 dell'art. 4 del presente decreto, ne' con altri aiuti a finalita' regionale sotto forma di aiuti all'occupazione legati all'investimento qualora l'aiuto all'investimento sia calcolato sulla base dei costi di investimento materiali e immateriali. Si applicano in ogni caso le disposizioni dell'art. 8 del regolamento (CE) n. 2204/2002 della Commissione.

2. L'eventuale cumulo illegittimo e' sanzionato con il recupero dell'aiuto fruito e con l'irrogazione delle sanzioni previste dalla legge.

Art. 9.

Verifica, controlli e monitoraggio

1. Qualora sia accertata l'indebita fruizione, anche parziale, del credito d'imposta, per il mancato rispetto delle condizioni previste o per il verificarsi di cause di decadenza, l'Agenzia delle entrate provvede al recupero del relativo importo, maggiorato di interessi e sanzioni secondo legge. Il recupero del credito d'imposta e' effettuato secondo le disposizioni previste dall'art. 1, commi da 421 a 423, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, per quanto non disciplinato si applicano le disposizioni in materia di imposte sui redditi.

Il presente decreto sara' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

Roma, 12 marzo 2008

Il Vice Ministro: Visco

Registrato alla Corte dei conti il 31 marzo 2008

Ufficio controllo atti Ministeri economico-finanziari, registro n. 1 Economia e finanze, foglio n. 399

venerdì 25 aprile 2008

Da .. il diritto, più attenti alla salute...

Gentili lettori, da oggi 25 aprile la redazione "il Diritto" crea una nuova rubrica dedicata alla salute .. dal titolo Blog Salute ad Avola .

per accedere clicca sotto
http://blogsalute.blogspot.com/

RC Auto:attestazione sullo stato di rischio

Rc Auto: attestazione sullo stato di rischio

L’articolo 2043 del codice civile stabilisce che “qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”.

Quando si è alla guida delle nostre auto, incidenti e infortuni sono all’ordine del giorno. La RC auto perciò, non è altro che una forma di responsabilità civile che deriva dalla circolazione degli autoveicoli, un’assicurazione obbligatoria per chiunque circoli in auto, che garantisce un indennizzo a chi subisce qualsivoglia tipo di danno. Cerchiamo di capire quali sono state nel tempo le novità intervenute nel vasto – e spesso intricato – panorama delle assicurazioni RC auto.

Il codice delle assicurazioni private

Il decreto legislativo n.209 del 7 settembre 2005 (in G.U. n.199 del 28 agosto 2006) costituisce il codice delle assicurazioni private. All’interno dei suoi 355 articoli viene disciplinato ogni singolo aspetto nel campo assicurativo, a partire dalle definizioni in termini, fino ai tipi e alle classificazioni delle assicurazioni; dal tema della vigilanza e dell’autorità preposta a tale compito alla questione dei reclami e dei rapporti con gli altri paesi stranieri; dalle regole, i doveri e i requisiti di accesso all’attività assicurativa fino all’esercizio di tale attività, le tariffe, gli intermediari, i risarcimenti.

Successivi interventi normativi, previsti dal codice suddetto, sono, anzitutto, il D.P.R. 18 luglio 2006 n. 254, ”Regolamento recante disciplina del risarcimento diretto dei danni derivanti dalla circolazione stradale, a norma dell’articolo 150 del decreto legislativo n.209 del 7 settembre 2005”, che disciplina le modalità attuative del sistema del risarcimento diretto, nell’ambito dell’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile per i danni derivanti dalla circolazione stradale”, (art. 2); quindi il regolamento n. 4 del 9 agosto 2006 (in vigore dal 1 gennaio 2007), varato dall’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (ISVAP), che ha ripreso alcuni punti chiave del codice delle assicurazioni. Il regolamento in questione infatti liberalizza l’attestato di rischio, obbligando le compagnie ad inviare direttamente al domicilio degli assicurati l’attestato 30 giorni prima della scadenza del contratto, e fissa nuovi obblighi informativi a tutela del consumatore (entità del premio e modalità dell’eventuale rinnovo) in occasione della scadenza dei contratti Rca.

Il provvedimento n. 2590 dell’8 febbraio 2008

Quest’ultimo regolamento, costituito da 5 articoli, è stato modificato e integrato da un ulteriore intervento da parte dell’ISVAP, con il provvedimento n. 2590 dell’8 febbraio 2008, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 45 del 22 febbraio 2008, (concernente gli obblighi informativi a carico delle imprese in occasione di ciascuna scadenza annuale dei contratti RC auto e la disciplina relativa all’attestazione sullo stato del rischio, come previsto nell’art. 191, comma 1, lettera b) e nell’art. 134 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209).

Con riferimento all’art. 5 della legge 2 aprile 2007, n. 40 di conversione del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7 (“Misure per la concorrenza e per la tutela del consumatore nei servizi assicurativi”), il provvedimento vieta alle imprese di applicare delle variazioni di classe di merito se non dopo aver accertato l’effettiva responsabilità del contraente. Tale responsabilità è quella del responsabile principale del sinistro, dove per “principale” si intende la responsabilità prevalente attribuita ad uno dei conducenti (sia in sinistri con due veicoli, che con più mezzi coinvolti). Nel momento in cui non sia però possibile accertare la responsabilità principale, essa viene “computata pro quota”, quindi calcolata in relazione al numero dei conducenti coinvolti. Il nuovo regolamento prevede anche il caso in cui ci sia un “concorso di colpa paritario”, eventualità nella quale ogni conducente si divide la medesima fetta di colpa. Quando ciò accade nessuno dei contratti relativi ai veicoli subirà l’applicazione del malus; la misura adottata sarà un’annotazione, una sorta di promemoria del grado di responsabilità segnalata nell’attestato di rischio: in questo modo qualora il conducente si ritrovi coinvolto in successivi sinistri, sarà possibile riferirsi a tale nota per un eventuale peggioramento della classe di merito.

Ai fini del conteggio delle responsabilità per un’eventuale variazione di classe a seguito di più sinistri la normativa fissa inoltre al 51% la percentuale di responsabilità “cumulata” che dà luogo all’applicazione del malus, e, dal punto di vista temporale, stabilisce che le imprese di assicurazioni dovranno fare riferimento all’ultimo quinquennio di osservazione della sinistralità.

Per quel che riguarda l’attestazione sullo stato del rischio, è sancito che i contraenti abbiano la possibilità di richiedere quella relativa agli ultimi cinque anni “in qualunque momento e entro 15 giorni dalla richiesta”. Tra le modifiche più significative introdotte dal provvedimento c’è quella dell’art. 1, comma 4: il riconoscimento del diritto alla conservazione della classe di merito. L’articolo 1 modifica infatti il precedente Regolamento n. 4 del 9 agosto 2006 (art. 8 comma 5), che disponeva che “nel caso di acquisto di un veicolo di nuova proprietà da parte di un soggetto che possa documentare la vendita, la consegna in conto vendita, il furto, la demolizione, la cessazione definitiva della circolazione o la definitiva esportazione all’estero di un veicolo precedentemente assicurato, l’assicuratore classifica il contratto sulla base delle informazioni contenute nell’attestazione sullo stato del rischio di tale ultimo veicolo, purché in corso di validità”, senza introdurre la condizione specifica (introdotta appunto dall’art.1, comma 4 del Provvedimento 2590 dell’8 febbraio 2008) che “il contraente chieda che il contratto sia reso valido per altro veicolo di sua proprietà”.

mercoledì 23 aprile 2008

Addio Claudio !

la redazione de "il Diritto" si unisce al dolore di tutti gli avolesi per la tragica scomparsa del giovane Claudio. Addio Claudio...

lunedì 21 aprile 2008

Co.co.pro: cosa controlleranno gli ispettori

Il Ministero, l’Inps e l’Inail forniscono le istruzioni ai propri organi ispettivi
(Ministero del lavoro, circolare n. 4 del 29 gennaio 2008)

Il Ministero del lavoro, congiuntamente con Inps e Inail, con la circolare n. 4 del 29 gennaio 2008 fornisce le istruzioni operative agli organi di vigilanza per rendere efficace ed omogenea l’attività ispettiva al fine di contrastare le forme elusive della normativa di tutela del lavoro subordinato con «particolare attenzione alle collaborazioni svolte da lavoratori, anche titolari di partita IVA, che esercitino la propria attività per un solo committente e con un orario di lavoro predeterminato».

In particolare oggetto dell’attenzione ministeriale è il contratto di lavoro a progetto. Si ricorda che, a seguito dell’entrata in vigore del decreto legislativo 276 del 2003, le collaborazioni coordinate e continuative devono essere riconducibili a uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso determinati dal committente. La finalità di tale disposizione era quella di delimitare l'utilizzo del lavoro coordinato e continuativo a quelle sole prestazioni che siano genuinamente autonome perché definite in funzione di un risultalo predeterminato che le caratterizza e ne delimita l'ambito di svolgimento. Finalità evidentemente non conseguita visto il proliferare, nel corso di questi anni, di questa tipologia contrattuale.

Forma scritta del contratto.
Il personale ispettivo concentrerà in primis la sua attenzione sull’esistenza di un contratto scritto. Infatti, il Ministero invita il personale ispettivo a “verificare che il contratto di collaborazione coordinata e continuativa nella modalità a progetto sia formalizzato per iscritto”. In assenza di forma scritta (richiesta peraltro solo ad probationem) e in assenza di altri elementi attraverso i quali si possa ricondurre la prestazione a tale fattispecie contrattuale, il personale ispettivo dovrà provvedere a “disconoscere” la collaborazione per ricondurla nell'ambito del rapporto di lavoro subordinato, senza svolgere alcuna ulteriore attività istruttoria.

Specificità del progetto e forme di coordinamento
Sarà importante la verifica sulla specificità del progetto, programma di lavoro o fase di esso. Il progetto, a parere del Ministero, non può totalmente coincidere con l’attività principale o accessoria dell’impresa come risultante dall'oggetto sociale e non può limitarsi a descrivere il mero svolgimento della normale attività produttiva, ne può consistere nella semplice elencazione del contenuto tipico delle mansioni affidate al collaboratore.Oltre ad un progetto specifico il contratto dovrà prevedere le forme di coordinamento a norma dell’articolo 62 del decreto legislativo 276/2003. Infatti, il personale ispettivo verificherà le modalità di inserimento del collaboratore nel contesto aziendale del committente, valutando, in sede di indagini ispettive, la tipologia e le modalità in cui si esplica l'inserimento nell'organizzazione aziendale, soprattutto con riguardo alle forme di coordinamento.

Modalità dei determinazione del compenso
Per il Ministero il compenso esclusivamente legato al tempo della prestazione è indice di subordinazione. E’ necessario che lo stesso sia non solo commisurato al tempo della prestazione ma riferibile anche al risultato enucleato nel progetto, programma di lavoro o fase di esso.Inoltre, i criteri adottati per la determinazione del corrispettivo, evidenziati dalle parti nel contratto di lavoro, saranno verificati in concreto secondo le effettive circostanze dell'attività lavorativa oggetto di esame.

Acquisizione delle dichiarazioni
Il personale ispettivo è invitato dal Ministero ad acquisire puntuali dichiarazioni, non soltanto del collaboratore, ma anche e soprattutto di quanti lavorano con lo stesso al fine di verificare il contenuto della prestazione del collaboratore : gli verranno poste domande circa le concrete modalità operative con le quali le prestazioni vengono rese. Ad esempio sarà accertato se nell'esecuzione delle prestazioni lavorative sia sottoposto o meno al potere di controllo e disciplinare del committente, anche se esercitato per interposta persona.

Specifiche attività e utilizzo del contratto di collaborazione
Il Ministero individua alcune particolari attività lavorative che non sembrano adattarsi, per le tipiche modalità di esecuzione della prestazione lavorativa, con lo schema causale della collaborazione coordinata e continuativa nella modalità a progetto, facendone un’elencazione a titolo meramente esemplificativo e non esaustivo, sollecitando una maggiore attenzione da parte degli Ispettori nei confronti di tali attività.
In tale ambito rientrano pertanto le attività svolte dalle seguenti figure professionali:

- addetti alla distribuzione di bollette o alla consegna di giornali, riviste ed elenchi telefonici;- addetti alle agenzie ippiche;- addetti alle pulizie;- autisti e autotrasportatori;- babysitter e badanti;- baristi e camerieri;- commessi e addetti alle vendite;- custodi e portieri;- estetiste e parrucchieri;- facchini;- istruttori di autoscuola;- letturisti di contatori;- manutentori;- muratori e qualifiche operaie dell'edilizia;- piloti e assistenti di volo;- prestatori di manodopera nel settore agricolo;- addetti alle attività di segreteria e terminalisti.

Carriera diplomatica, il regolamento del concorso

Il 29 aprile entrerà in vigore il regolamento che disciplina l'accesso
(Dpcm 72/2008 Gu 14.4.2008)

Il 29 aprile 2008 entra in vigore il nuovo regolamento sull’accesso alla carriera diplomatica. Lo stabilisce il decreto del presidente del Consiglio dei ministri 72 del primo aprile 2008. Il regolamento consta di 16 articoli in cui sono definiti i diversi requisiti per la partecipazione e le modalità di svolgimento delle prove. Al gradi iniziale della carriera diplomatica si accede solo ed esclusivamente tramite il superamento del concorso, divenuto il più ambito in Italia, il cui bando verrà emanato direttamente dal Ministero degli Affari Esteri. I requisiti principali sono la cittadinanza italiana, il limite di trentacinque anni di età e il possesso di una delle lauree specialistiche riportate nell’articolo 3, tra cui relazioni internazionali, scienze della politica e giurisprudenza. Il concorso si articola in diverse prove, da quella attitudinale, volta ad accertare le capacità di analisi, ragionamento e sintesi del candidato, alla prova scritta considerata la più ostica, per arrivare alle prove orali. Tutte le prove verteranno su materie di diritto internazionale, storia delle relazioni internazionali, politica economica, geografia politica e sulla conoscenza di due lingue straniere, la prima obbligatoria, l’inglese, e l’altra da scegliere tra francese, spagnolo e tedesco. La commissione esaminatrice sarà nominata dal Ministero degli Affari Esteri e sarà composta da sette membri, tra cui un ambasciatore e tre professori universitari. Il diplomatico non è un semplice inviato del Governo, è colui che è diventato il promotore di tutti il sistema Italia, dall’economia alla cultura; proprio per questo deve sapersi muovere in molti campi differenti ed è necessaria una preparazione molto alta unita alla conoscenza fondamentale di almeno due lingue. Oltre alla preparazione ovviamente, l’aspirante diplomatico deve possedere differenti qualità personali che vanno dallo spirito di intraprendenza alla curiosità e alla tenacia. Occorrono un continuo aggiornamento e la curiosità del mondo.

sabato 19 aprile 2008

Medicine urgenti anche senza ricetta

Escluse in ogni caso le sostanze stupefacenti o psicotrope
(Dm Salute 31.3.2008 Gu 11.4.2008)

Dall'11 maggio 2008 diventa più facile avere le medicine urgenti in farmacia quando non si riesce a trovare il medico per la prescrizione, soprattutto durante il week end. E' stato infatti pubblicato sulla Gazzetta 86 dell'11 aprile il decreto del Ministro della salute del 31 marzo 2008 che cambia le regole per l'acquisto urgente di farmaci senza ricetta. In situazioni d'emergenza i malati cronici, ma anche chi sta seguendo una terapia antibiotica o chi è appena dimesso da un ricovero, ha la possibilità di ottenere il farmaco senza ricetta pagandolo per intero. Il farmacista potrà consegnare solo la confezione con il più basso numero di unità del farmaco. Questo, però, sarà possibile solo se farmacia risultano altre ricette analoghe, ovvero se il paziente esibirà un documento che confermi la patologia per cui è indicato il farmaco, o una ricetta scaduta da non oltre 30 giorni, salva la conoscenza diretta dell'assistito da parte del farmacista. Inoltre il farmacista dovrà compilare una apposito registro la consegna dei farmaci effettuata in base alel nuove modalità previste dal decreto, riportando il nome del farmaco, le iniziali del paziente e la condizione e la motivazione per la consegna del farmaco. In ogni caso restano escluse da questa modalità semplificata le sostanze stupefacenti o psicotrope.

venerdì 18 aprile 2008

Le strisce Adidas costituiscono un marchio protetto

L’utilizzo da parte di altri può confondere i consumatori
(Corte Giustizia europea 10.4.2008)

Il colosso tedesco del’abbigliamento sportivo e del casual Adidas ha vinto la sua battaglia contro alcune società che imitavano il suo caratteristico disegno a bande parallele, decorandone capi e prodotti. Ad emettere la sentenza a favore della multinazionale è stata il 10 aprile scorso la Corte di Giustizia CE di Lussemburgo, cui si erano rivolti i giudici olandesi, dopo una causa nel febbraio 2007 intentata dalla filiale olandese di Adidas. I legali del famoso marchio sostenevano che la catena di negozi H&M e le società Vender, Marca Mode e C&A producevano e vendevano abbigliamento contraddistinto da strisce parallele verticali del tutto simili a quelle da decenni utilizzate da Adidas stessa, che ne ha fatto una sorta di logo. In realtà le strisce incriminate erano due e non tre, come sui capi del brand tedesco. Comunque, la Corte EU ha sentenziato che si tratta di un utilizzo fuorviante per i consumatori, che possono facilmente stabilire una correlazione non reale tra il marchio noto ed il disegno; infatti, spiega la Corte, “il pubblico interessato mette in relazione il segno e il marchio, vale a dire stabilisce un nesso tra gli stessi, pur non confondendoli. […] È sufficiente che il grado di somiglianza tra il marchio notorio e il segno abbia come effetto che il pubblico interessato stabilisca un nesso tra il segno e il marchio”, non essendo dunque necessario che il grado di somiglianza tra il marchio conosciuto dell’Adidas ed il segno utilizzato dal terzo sia tale da generare un rischio di confusione nei consumatori. Tutto questo vale, anche se di fatto non esiste un’esclusiva di sfruttamento per un segno, come la striscia, che è riconducibile ad un uso comune in ambito commerciale, secondo la legislazione comunitaria. I giudici olandesi dovranno ora applicare la sentenza della corte europea e decidere se bloccare la fabbricazione e la vendita nei Paesi Bassi dei prodotti sportivi decorati con le due strisce.

giovedì 17 aprile 2008

Co. Co. Pro.

Suprema Corte di Cassazione, Sezione Lavoro 27 febbraio 2007, n. 4500
La collaborazione autonoma deve essere trasformata in rapporto subordinato se si accerta l’assoggettamento alle direttive del datore di lavoro
Il lavoratore ha diritto alla differenza di retribuzione e al Tfr

La Suprema Corte di Cassazione, sezione Lavoro, con sentenza n. 4500 del 27 febbraio 2007 ha trattato il tema della trasformazione del rapporto di lavoro autonomo in subordinato qualora ne vengano dimostrate le caratteristiche.Nel caso in questione una fisioterapista aveva lavorato per 6 anni come collaboratrice autonoma e, dopo la cessazione del rapporto di lavoro, aveva richiesto al Tribunale di Roma la verifica dell’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato. Il Tribunale, avendo accertato la presenza di un vincolo di subordinazione, aveva condannato la società al pagamento delle differenze retributive e del Tfr, quantificati in circa 23 milioni di lire.Tale decisione era stata confermata in seguito dalla Corte d’Appello ed era stata motivata con la verifica del vincolo agli stessi orari imposti ai lavoratori dipendenti e dell’espletamento delle direttive che venivano imposte quotidianamente alla lavoratrice. Esse, tra l’altro, erano provate dalle cartelle mediche della ASL che segnalavano le prestazioni che dovevano essere portate a termine.L’azienda si è rivolta alla Cassazione, che ha respinto il ricorso. La Corte, infatti, ha sottolineato che è possibile evincere la natura subordinata della prestazione lavorativa prestata dalla donna già dalla lunga durata del rapporto (6 anni). La Corte, inoltre, ha evidenziato come l’assoggettamento alle direttive del superiore si riscontri anche nel caso in cui queste vengano impartite di giorno in giorno: in questo caso, dunque, il rapporto di lavoro subordinato si configura o come accettazione specifica da parte del lavoratore del vincolo o con l’esecuzione delle direttive impartite.

mercoledì 16 aprile 2008

Periodo di prova: licenziamento legittimo solo con esplicita motivazione del mancato superamento

Suprema Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza n. 5103 del 27 febbraio 2008.
In mancanza della motivazione esplicita, il datore di lavoro si rende inadempiente

Con sentenza del 27 febbraio 2008, n. 5103, la sezione lavoro della Suprema Corte di Cassazione ha chiarito che il mancato superamento del periodo di prova costituisce un giustificato motivo di licenziamento. Il licenziamento, però, deve contenere una motivazione completa ed in equivoca e, in caso contrario, il datore di lavoro si rende inadempiente al dovere di motivazione del licenziamento.Fatto e dirittoUn dipendente avviato al lavoro presso una società in qualità di invalido civile iscritto all'apposita lista di collocamento, è stato licenziato in prova.Ricevuta la lettera di licenziamento, il ricorrente ha impugnato stragiudizialmente il recesso, e, ritenendo insufficienti le indicazioni contenute nella comunicazione, ha chiesto che gli venissero indicati i motivi del recesso stesso. La società non ha dato riscontro alla richiesta, e, nel corso del giudizio, ha giustificato l’omissione sostenendo che i riferimenti contenuti nella comunicazione di licenziamento consentivano di conoscere le ragioni del recesso da identificarsi nel superamento del periodo di comporto per sommatoria. Il primo giudice rigettava la domanda.La decisione della Corte di AppelloLa Corte di Appello era stata di contrario avviso ed aveva dichiarato l'inefficacia del licenziamento del ricorrente poiché la comunicazione di recesso inviata al dipendente non presentava i necessari requisiti di chiarezza e di esaustività. La Corte, dunque, ne ordinava la reintegrazione nel posto di lavoro e condannava la società a corrispondere al dipendente un'indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento fino all'effettiva reintegrazione, nonché al pagamento dei contributi previdenziali relativi al medesimo periodo.Contro tale sentenza, la società ha proposto ricorso in Cassazione in quanto la Corte d'Appello avrebbe omesso di valutare il contenuto dell'art. 127 del CCNL.La società, inoltre, ha sostenuto di avere esposto nella memoria di costituzione e difesa due motivi di legittimità del licenziamento, posti a base dell'atto risolutivo: quello della legittimità del licenziamento per superamento del periodo di comporto e, in subordine, quello della legittimità del recesso in prova, lamentando che la Corte d'Appello non aveva esaminato il motivo esposto in via subordinata.La decisione della Corte di CassazionePer la Cassazione, di fronte alla richiesta dei motivi effettuata dal lavoratore nella lettera di contestazione del recesso, il datore di lavoro ha sempre l'obbligo di esplicitarne i motivi in maniera completa.Nel caso in questione la società non ha dato riscontro al dipendente e questo la rende sicuramente inadempiente all'obbligo di motivazione del licenziamento.Per la Cassazione, nel caso di specie, la Corte d'Appello ha spiegato in maniera esaustiva e convincente le ragioni per le quali la comunicazione non era sufficientemente specifica e completa e non consentiva al lavoratore di individuare con chiarezza e precisione la causa del suo licenziamento.Per la Cassazione, inoltre, non può essere dimenticato che l’invalido civile era stato assunto obbligatoriamente perché avviato al lavoro come iscritto all'apposita lista di collocamento, e che, di conseguenza, le possibilità di licenziamento per mancato superamento della prova subivano delle limitazioni, in quanto la valutazione relativa al mancato superamento della prova non poteva essere determinata, o comunque influenzata, dalle condizioni di invalidità del lavoratore.

Completi in bolletta tutti i numeri telefonici chiamati

Dal 1° luglio a meno di richiesta contraria di chi non vuole il servizio


(Gar. Protezione Dati personali Provv. 13.3.2008 – sito web 1.4.2008)
Il Garante Privacy ha deciso che sulle bollette del telefono dal prossimo 1° luglio anche le ultime tre cifre dei numeri telefonici potranno essere scritte in chiaro. Insomma, stop ai numeri “mascherati” per agevolare le esigenze di controllo del traffico telefonico e l’esattezza degli addebiti sulle fatture. Gli abbonati, che vorranno continuare a ricevere l’elenco dei numeri chiamati con le tre “X” al posto delle ultime tre cifr, dovranno espressamente farne richiesta al proprio gestore telefonico. Ricordiamo che fino ad ora è stato possibile ricevere le fatture dettagliate con i numeri totalmente in chiaro solo ed unicamente in caso di contestazioni e per periodi ben definiti e limitati nel tempo. Ovviamente il provvedimento, datato 13 marzo 2008 e pubblicato per ora sul sito del Garante il 1° aprile scorso, vale sia per la telefonia fissa, sia per quella mobile. La facoltà concessa dall’Autorità potrà essere esercitata dopo avere informato tutti gli abbonati, attraverso un’informativa apposita che ciascun gestore dovrà inserire all’interno di almeno due bollette e dovrà pubblicare on line sul proprio sito web. Tale informativa, oltre a dover menzionare la decisione del fornitore di avvalersi dell’autorizzazione del Garante, dovrà specificare che tutti gli abbonati che abbiano chiesto o chiederanno la fatturazione dettagliata la riceveranno "in chiaro", salvo che non richiedano il mascheramento delle ultime tre cifre. Inoltre, essa dovrà invitare tutti questi abbonati ad informare coloro che utilizzino l'utenza che la bolletta arriverà completa di tutti i numeri chiamati

Da risarcire la tardata consegna dell'alloggio popolare

Il Comune che non si attiva per liberare l’alloggio deve risarcire all’assegnatario i danni morali
Da risarcire la tardata consegna dell'alloggio popolare
(Cassazione 4539/2008)

Il cittadino al quale è stata assegnata una casa popolare e che aspetta per anni la consegna della casa può chiedere al Comune i danni morali. Lo ha stabilito la Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione, che ha respinto il ricorso di un Comune dell’Abruzzo che aveva fatto aspettare per quasi quindici anni un cittadino risultato legittimo assegnatario di un alloggio popolare dal Tar dell’Abruzzo. L’uomo, dopo la lunga attesa, aveva chiesto al Tribunale di Lanciano il risarcimento dei danni, ammontante a circa cento milioni delle vecchie lire, sostenendo che il Comune non si fosse attivato per liberare l’alloggio dai precedenti inquilini, ma il Tribunale aveva respinto la sua richiesta. La domanda era invece stata accolta in secondo grado dalla Corte di Appello di L’Aquila, che gli aveva riconosciuto sia i danni patrimoniali che quelli morali. Contro la sentenza il Comune ha proposto ricorso in Cassazione, ma la Suprema Corte lo ha respinto ritenendo che “nel caso di specie è stata adottata e comunque correttamente ravvisata la violazione di interessi costituzionalmente protetti, sicché nessuna violazione di legge è configurabile”, e inoltre la corte territoriale ha sufficientemente motivato la statuizione resta sul punto, sottolineando “i disagi psichici patiti dal cittadino negli oltre dieci anni di attesa per ottenere l'alloggio assegnatogli”. In buona sostanza, se il Comune non si attiva per garantire agli assegnatari il diritto all’alloggio, è tenuto a risarcire anche i danni morali derivanti dalla lunga ed estenuante attesa del cittadino

Spese sanitarie e scontrino non parlante

A condizione che il contribuente lo integri con un'ulteriore documentazione
Spese sanitarie detraibili, anche con scontrino non parlante
(Agenzia delle entrate circ. 30/E/2008)

Le spese sanitarie sostenute per acquisto di medicinali nel periodo dal primo luglio al 31 dicembre 2007 potranno essere certificate ai fini della deduzione o detrazione Irpef anche tramite scontrino non parlante o incompleto, a condizione che il contribuente lo integri indicando anche su un foglio a parte il codice fiscale dell’acquirente nonché la natura, qualità e quantità dei farmaci acquistati. Lo ha precisato l’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 30/E che fornisce nuovi chiarimenti sulla documentazione necessaria per portare in detrazione o deduzione le spese farmaceutiche. La nuova modalità di certificazione delle spese per medicinali viene adottata per venire incontro alle difficoltà dei contribuenti non in possesso di idonea documentazione, che altrimenti rischiano di non poter usufruire dello sconto Irpef. Viene così risolto il problema determinato dalle difficoltà incontrate in sede di prima applicazione della norma che ha introdotto il cosiddetto scontrino parlante. La circolare ricorda comunque che per la certificazione delle spese sanitarie effettuate a partire dal primo gennaio 2008 sarà indispensabile avere idonea documentazione consistente nella fattura o nello scontrino parlante. (28 marzo 2008)

lavoro a tempo determinato

Corretto un decreto legislativo che recepiva stravolgendola una direttiva europea
Per Non favorire l'allungamento del contratto a tempo determinato
(Corte costituzionale 44/2008)

E' stato dichiarato incostituzionale un nucleo significativo della normativa statale emanata, su delega della Legge 29 dicembre 2000, n.422 (recante "Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - legge comunitaria 2000"). Si tratta di due disposizioni (art.10, commi 9 e 10, e art.11, commi 1 e 2), contenute del Decreto Legislativo 6 settembre 2001, n.368, cui era demandato di attuare la direttiva 1999/70/CE "relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall'UNICE, dal CEEP e dal CES". Tali disposizioni, a detta della Consulta, avrebbero avuto effetto peggiorativo, rispetto al trattamento riservato ai casi analoghi dalla precedente vigenza della Legge 28 febbraio 1987, n.56 (Norme sull'organizzazione del mercato del lavoro). Così facendo, le norme incriminate avrebbero tuttavia esorbitato, sia dall'ambito di "operatività della direttiva comunitaria", sia dalle stesse indicazioni del Legislatore delegante. La pronuncia d'illegittimità ha fatto perciò seguito, a norma dell'art.77 della Costituzione, e ha accompagnato l'ammonizione a non stravolgere lo spirito della direttiva comunitaria, volta essenzialmente a "prevenire l'abusiva reiterazione di più contratti di lavoro a tempo determinato, per favorire la stabilizzazione del rapporto", senza giungere a regolamentazioni o a previsioni di tipo più specifico - e sostanzialmente meno favorevole al lavoratore.

Palpeggiare la coscia è violenza sessuale

Rischia il carcere chi compie atti sessuali sull’autobus nei confronti di una passeggera
Palpeggiare la coscia è violenza sessuale
(Cassazione 12157/2008)
Palpeggiare la coscia ad una passeggera su un autobus può costare una condanna per violenza sessuale. Lo ha stabilito la Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione che ha confermato la condanna ad un anno, tre mesi e quindici giorni di reclusione per il reato di violenza sessuale inflitta dalla Corte di Appello di Palermo ad un signore di Trapani che, mentre viaggiava sulla corriera Palermo – Trapani, aveva palpeggiato insistentemente la coscia di una ragazza. L’uomo, fingendo di dormire, dopo aver inizialmente premuto la propria gamba contro quella della donna seduta accanto a lui, aveva allungato la mano, traendola da un sacchetto che aveva tra le gambe, e le aveva palpeggiato la coscia. La ragazza aveva immediatamente reagito allontanandosi dal proprio posto e chiamando il fratello al telefono per riferire quanto accaduto. La Corte di Appello di Palermo aveva condannato l’uomo per violenza sessuale, consistita in una “pluralità di atti sessuali”, e contro tale sentenza l’imputato aveva proposto ricorso in Cassazione, chiedendone l’annullamento. La Suprema Corte, respingendo il ricorso e confermando la condanna, ha invece affermato che “la violenza richiesta non è soltanto quella che pone il soggetto passivo nell'impossibilità di opporre tutta la resistenza voluta, tanto da realizzare un vero e proprio costringimento fisico, ma anche quella che si manifesta nel compimento insidiosamente rapido dell'azione criminosa, così venendosi a superare la contraria volontà del soggetto passivo”, e consiste “sia nella violenza fisica in senso stretto, sia nell'intimidazione psicologica che sia in grado di provocare la coazione della vittima a subire gli atti sessuali, sia anche nel compimento di atti di libidine subdoli e repentini, compiuti senza accertarsi del consenso della persona destinataria, o comunque prevenendone la manifestazione di dissenso”; per tale motivo, come correttamente osservato dai giudici di appello, “poco importa che la vittima, subito alzatasi dal posto appena subita la molesta sessuale, abbia evitato di reagire platealmente all'interno del veicolo avendo essa chiesto aiuto, tramite cellulare, al fratello, il quale si recò alla fermata della corriera per rimproverare vivacemente l'imputato che si mostrò remissivo assicurando che il fatto non si sarebbe più ripetuto”. Anche il palpeggiamento è dunque una violenza alla persona in mancanza del consenso.

Abuso nell'utilizzo dei contratti a progetto


LA SUPREMA CORTE DA' RAGIONE A UN GRUPPO DI RAGAZZE VENETE
"I precari dei call center vanno assunti"


La Cassazione: chi ha un orario di lavoro e usa materiale dell'azienda è un dipendente

ROMA La Cassazione dà ragione ai precari: non sono lavoratori autonomi ma devono essere assunti i ragazzi impiegati in un call center che devono annotare il numero di telefonate fatte, l’esito raggiunto e rispettare un orario di lavoro preciso e per di più utilizzano apparecchi e locali dell’azienda. Devono essere assunti e hanno quindi diritto anche ad avere i contributi previdenziali.Lo ha stabilito la Suprema corte che, con la sentenza n. 9812 del 14 aprile 2008, ha respinto il ricorso di una società che lavora nel settore pubblicitario e che aveva citato in causa l’Inps sostenendo che le ragazze impiegate all’interno dell’azienda, nel call center, non erano lavoratrici subordinate; l’Inps, invece, sosteneva che il rapporto fra l’impresa e i dipendenti aveva natura subordinata. Per questo, in prima battuta, il datore di lavoro si era rivolto al Tribunale di Padova che, nel 2001, gli aveva dato ragione affermando la natura autonoma del lavoro prestato dalle giovani. La Corte d’appello di Venezia era invece pervenuta a una decisione diversa dichiarando che il lavoro svolto da 15 delle ragazze, tra le quali quelle indicate nel rapporto ispettivo dell’Inps, aveva natura subordinata e quindi nel 2005 aveva condannato l’azienda a pagare oltre mezzo miliardo di vecchie lire all’Inps come contributi previdenziali evasi. Contro questa decisione l’azienda ha fatto ricorso in Cassazione, ma lo ha perso. I giudici della Sezione lavoro hanno infatti ritenuto corretta la sentenza della corte territoriale veneziana. Perché, ha spiegato la Cassazione, «il giudice del gravame ha preso in esame le numerose testimonianze raccolte e i verbali ispettivi ed ha ritenuto elementi qualificanti della subordinazione delle dipendenti con mansioni di telefoniste le circostanze che seguivano le direttive impartite dall’azienda in relazione ad ogni telefonata da svolgere, prendendo nota dell’esito e del numero di telefonate, che avevano un preciso orario di lavoro e che utilizzavano attrezzature e materiali della società».Il plauso dei sindacatiCarlo Podda, segretario generale della Fp-Cgil: «La Cassazione interviene giustamente in un settore in cui vi sono carenze di natura legislativa e conferma numerose sentenze che prevedono la natura subordinata del lavoro di chi, come ad esempio accade nei call-center, utilizza materiale, locali della azienda che appalta il servizio ed effettua un lavoro che in nulla si differenzia da quello subordinato. Per le parti sociali questa sentenza deve essere motivo per aprire una riflessione sullo strumento dei lavori come quello nei call-center, aziende che non vanno demonizzate ma riconosciute per quello che sono. Nella pubblica amministrazione», continua Podda, «c’è anche l’aggravante che si appalta un lavoro all’esterno ma senza che da questo derivino risparmi. Anzi, può capitare che si spendi di più per ottenere un servizio di qualità spesso non particolarmente elevata perché bisogna permettere alla società esterna di guadagnarci e ai lavoratori di percepire uno stipendio. Sarebbe davvero opportuno che le parti sociali avviino una riflessione sull’intera materia». Anche la Slc-Cgil valuta molto positivamente la sentenza della Cassazione. «La sentenza - si legge in una nota - si inquadra perfettamente nell’impegno sia del Ministero del Lavoro che dei sindacati per la regolarizzazione di un settore delicato quale quello dei call center che conta molte migliaia di lavoratori soprattutto giovani e donne. Ci auguriamo che questa sentenza rilanci l’urgenza della stabilizzazione prevista dalle due circolari Damiano ove non sia stata ancora applicata».

articolo tratto da La stampa.it

Laurearsi non paga

Laurearsi non paga Secondo uno studio AlmaLaurea presentato a Catania, le retribuzioni, già modeste, continuano a perdere potere d'acquisto: un laureato nel 2007 guadagna meno di un laureato nel 2001


CATANIA - La condizione occupazionale dei laureati in Italia è stazionaria: rispetto al 2007, quando tutti gli indicatori mostravano inequivocabilmente il segno meno, si osservano lievi segnali di ripresa. Ma solo limitatamente al primo ingresso nel mercato del lavoro. Segnali assenti o appena percettibili contraddistinguono il medio-lungo periodo. È quanto emerge dal decimo rapporto AlmaLaurea presentato a Catania dal rettore, Antonino Recca, e dal direttore di AlmaLaurea, Andrea Cammelli, che rimarca un forte divario tra Nord e Sud. Dalla ricerca si osserva che a un anno dalla laurea lavorano 53 laureati su cento. Aumenta, in modo lieve, il tasso di occupazione (+0,6 punti percentuali), diminuisce quello di disoccupazione (-0,5). Aumenta, anche se di poco, il lavoro stabile (+0,6). A cinque anni dalla laurea lavorano 85 laureati su cento (- 0,3 punti), il lavoro stabile si amplia fino a coinvolgere il 70% dei laureati. Ma resta consistente il lavoro precario: sia a un anno (48%) che a cinque anni dalla laurea (27%). Dallo studio emerge che rimane un preoccupante divario tra Nord e Sud: 23% a un anno dalla laurea, 12% a cinque anni. Le retribuzioni, già modeste (1.040 euro mensili netti per un neolaureato, 1.342 dopo cinque anni), continuano a perdere potere d'acquisto. Fatto 100 il guadagno del laureato del 2001, il laureato intervistato nel 2007 guadagna 92,9: ancora meno dell'anno precedente (94,7).Ancora nel 2006, 75 laureati su cento portano la laurea 'in famiglià per la prima volta. E chi è figlio di genitori laureati, a un anno dal conseguimento del titolo, risulta essere più impegnato nella formazione (36%) rispetto ai figli di genitori con la licenza elementare (15,5%) che, all'opposto, lavorano più dei primi (55% contro 42,5%).Dal confronto tra laurea dei padri e laurea dei figli, leggendo la ricerca di AlmaLAurea, emergono molte più coincidenze di quanto ci si sarebbe potuto attendere, sintomo di una scarsa mobilità sociale, con una vera e propria ereditarietà del lavoro svolto. Così il 44% dei padri architetti ha un figlio (maschio) laureato in architettura; il 42% dei padri laureati in giurisprudenza ha un figlio con il medesimo titolo di studio; il 41% dei padri farmacisti ha un figlio con lo stesso tipo di laurea; il 39% dei padri ingegneri ha un figlio ingegnere; il 39% dei padri medici ha un figlio laureato in medicina. Ma anche, il 28% dei padri con laurea economico-statistica ha un figlio laureato in questo stesso gruppo; analoga concordanza genitore-figlio si rileva nel campo delle lauree politico-sociali (24%).Un'ulteriore prova di condizionamento della famiglia di origine, secondo lo studio, è fornita dall'esame congiunto dell'ultima posizione nella professione paterna e di quella del figlio. Ad esempio, il 16 % dei figli di dirigenti o quadri direttivi è, già dopo soli cinque anni dalla laurea, dirigente o quadro direttivo, contro il 13% medio di tutti i laureati maschi; il 42% dei figli di impiegati è impiegato. Il 34% dei figli di liberi professionisti è libero professionista (contro il 20% medio); il 10% dei figli di imprenditore è imprenditore (contro il 3% medio).

Abuso nell'utilizzo dei contratti a progetto

Contratti a progetto
Trasformazione del lavoro a progetto in contratto a tempo indeterminato
Nullità del contratto a progetto


D: Può invocarsi la nullità del contratto a progetto in caso di assenza del progetto e/o programma?
R: Qualora il contratto di lavoro a progetto non preveda, nel suo contenuto formale, né un progetto né un programma, non può invocarsi la nullità del medesimo, non essendo questa la conclusione cui conduce il combinato disposto degli artt. 61 e 62 Dlgs 276/2003. Tali norme, infatti, hanno introdotto, in caso di assenza del progetto e/o programma, una presunzione di subordinazione la quale conduce alla conversione in un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.La trasformazione automatica ai sensi dell’art. 69 del D. Lgs. n. 276/2003 del contratto a progetto in contratto di lavoro dipendente opera unicamente nel caso in cui manchi del tutto un progetto sia dal punto di vista formale (il contratto non è stato redatto) sia dal punto di vista sostanziale (il collaboratore non viene adibito ad alcun specifico progetto).
In tutti gli altri casi, spetta al collaboratore autonomo offrire la prova della subordinazione sulla base del principio per cui ogni attività economicamente rilevante può formare oggetto di un contratto di natura autonoma o subordinata.Così il Tribunale di Milano si è espresso con la sentenza del 20 giugno 2008 nella vicenda che riguardava un socio lavoratore che aveva ritenuta illegittima la successiva qualificazione della propria prestazione lavorativa, operata in seguito all’entrata in vigore della Legge Biagi, come generica collaborazione coordinata e continuativa.Il socio lavoratore infatti aveva chiesto giudizialmente la conversione del proprio contratto in contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato avvalendosi del disposto del primo comma art. 69 del D.Lgs. n. 276 del 2003.
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